Fincantieri di nuovo all'attacco

Nell'estate del 2013 il lavoratori di Fincantieri del cantiere di Marghera si erano mobilitati con forza contro il piano aziendale che puntava a rendere il lavoro più flessibile, ad estendere il lavoro degli appalti (già maggioritario) e a ridurre il controllo degli operai e delle RSU sull'organizzazione interna e sopratutto ad allungare la giornata lavorativa; come avevamo riassunto, assieme all'esito della vertenza, in un articolo con la viva voce operaia .

Questa ristrutturazione si collocava nel solco portato avanti cantiere per cantiere verso la definitiva privatizzazione, proprio nel momento in cui il gruppo era (ed è) in piena espansione globale. In questi giorni l'attacco è ripartito su scala nazionale, per questo ripubblichiamo il volantino distribuito a Marghera dal Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri, che contiene importanti elementi sull'attacco e l'invito ad una ripresa della lotta sulla base dell'unità dei diversi cantieri e con i lavoratori degli appalti. Dal blog ilpungolorosso.wordpress.it:

 

Fincantieri attacca. Quando è troppo è troppo.

In questi giorni Fincantieri ha preso la palla al balzo dell’apertura della “vertenza aziendale” per il rinnovo del contratto integrativo. Ha presentato una contro-piattaforma che è un violentissimo pugno in faccia ai lavoratori. Questa ed altre sortite del genere sono evidentemente rese possibili dal clima pro-padronale creato con l’approvazione del Jobs Act, che non ha trovato una vera opposizione nelle piazze.

Di seguito trovate l’invito alla lotta del Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri.

Il padrone-Fincantieri attacca su tutto il fronte. Rispondiamo con forza, con una lotta determinata!

Lavoratrici, lavoratori,

euforica, come gli altri padroni, per l’approvazione del Jobs Act, la Fincantieri è venuta allo scoperto con una serie di proposte che non potevano essere più provocatorie:

1) rinuncia alle 104 ore di permessi annui retribuiti, oppure trenta minuti di lavoro gratuito al giorno, un regalo dei lavoratori al padrone pari a più di 100 milioni di euro l’anno (a dir poco);
2) l’introduzione stabile e allargata del 6×6 con le modalità sottoscritte da tutti i sindacati nella vertenza passata;
3) l’orario plurisettimanale;
4) la totale subordinazione del salario variabile all’andamento dei profitti aziendali;
5) un trattamento peggiore per i nuovi assunti.

E’ una piattaforma che vuole umiliare le lotte fatte a Marghera e Monfalcone contro il 6×6 e spezzare la forza organizzata dei lavoratori. Ed è già chiaro, da molti segnali, che la Fincantieri fa sul serio.

Ce ne sarebbe abbastanza perché dei sindacati degni di questo nome chiamassero alla lotta forte e determinata i lavoratori. Tutto al contrario, Fim e Uilm sono già pronte a discutere “nel merito” le linee della piattaforma anti-operaia della Fincantieri; del resto, sono le organizzazioni sindacali che hanno permesso a Marghera la continuazione del regime delle flessibilità ad oltranza per i lavoratori delle linee meccanizzate. Da parte sua, la Fiom, dopo il disastro politico ed organizzativo delle firme sul 6×6, propone una piattaforma che si distacca da quella aziendale, ma abbiamo già visto molte volte la Fiom partire in un modo, e poi fare pesanti concessioni sulla “flessibilità” in cambio del “riconoscimento del ruolo sindacale” – uno scambio totalmente a perdere per i lavoratori, che significherebbe una sola cosa: la compartecipazione delle burocrazie sindacali alla gestione del sistematico peggioramento delle condizioni di lavoro e salariali, tanto per operai e impiegati diretti della Fincantieri, e ancor più per gli operai degli appalti.

Infatti il piano strategico di Fincantieri è quello di trasformarsi in una grande appaltatore e controllore di commesse liberandosi il più possibile della produzione diretta e ampliando ancora il ruolo degli appalti, senza più alcuna responsabilità sulla sicurezza del lavoro. Fa questa operazione per massimizzare i profitti: non volendo, o potendo, fare cospicui investimenti, punta tutto sull’aumento dello sfruttamento dei lavoratori diretti e ancor più di quelli degli appalti. Per questo è importante che i lavoratori diretti della Fincantieri tirino un cordone sanitario anche a tutela dei lavoratori più ricattati degli appalti rivendicando insieme con loro la totale responsabilità della Fincantieri nella gestione degli orari, dei salari, della tutela della salute e del posto di lavoro degli operai degli appalti, con l’obiettivo di una effettiva parità di trattamento per tutti quelli che lavorano nei cantieri.

In questa battaglia Fincantieri si presenta in modo aggressivo perché sa di non essere sola. Sa di avere con sé Confindustria, banche, grandi testate giornalistiche e anzitutto il governo Renzi che, tramite le leggi appena approvate, punta a disgregare ulteriormente la forza e la resistenza dei lavoratori, e a legalizzare la repressione di ogni attività sindacale e politica nei luoghi di lavoro, per garantire alla classe parassitaria che si nutre del nostro sangue e del nostro lavoro la massima libertà di sfruttamento.

Ecco perché questa vertenza non sarà facile. La Fincantieri è arrivata ormai a minacciare chi si iscrive al sindacato, e a Trieste non permette ai rappresentanti che i lavoratori si sono dati di fare propaganda e di tenere assemblee. Non si tratta di banalità, sono atti di dispotismo aziendale. Per questo è necessaria una risposta unita di tutti i cantieri, degli operai diretti e di quelli degli appalti, che innalzi un muro compatto contro la politica confindustriale e di Fincantieri.

La trattativa sull’integrativo è stata impostata finora, invece, sulle esigenze aziendali, e non sugli interessi e i diritti dei lavoratori. Si è accettato addirittura un calendario che porta fino a fine mese, sapendo che dal primo aprile il contratto integrativo scadrà, tutti i lavoratori perderanno la parte variabile del salario e il padrone avrà nelle mani un’arma di ricatto in più. Questo attendismo va spezzato, subito, così come va spezzato l’isolamento di questa vertenza. È necessario partire subito con iniziative di lotta, dando continuità e forza alla mobilitazione.

La vertenza, la lotta va portata fuori dalle mura del cantiere. Le pretese di Fincantieri sono simili a quelle di tante altre imprese. E questo rende possibile mettere un argine comune allo strapotere padronale coinvolgendo tutto il mondo del lavoro salariato, soprattutto i precari e i più giovani. E’ un passo da fare in prima persona, auto-organizzandoci, perché non ci si può fare illusioni sull’iniziativa delle direzioni sindacali (basta vedere cosa è successo all’AST-Thyssen di Terni: un conflitto operaio vero, risoltosi con un percorso di chiusura dell’acciaieria, sotto il titolo: ” più di cosi non si poteva fare”, parola di sindacato).

Apriamo la lotta, organizziamola e gestiamola con fermezza e determinazione. Portiamola fuori dal cantiere, facciamoci sentire dagli altri lavoratori. Coordiniamoci strettamente con gli altri cantieri. Questo può essere il momento di riprenderci la dignità ferita negli ultimi anni. È una battaglia che si può vincere, contrastando l’azienda in tutte le sue richieste, attaccando chi è già pronto a firmare altri accordi separati, e rifiutando lo scambio a perdere tra “più flessibilità” e “riconoscimento del ruolo sindacale”.

Fincantieri è ormai un gruppo internazionale e sfrutta con abilità questa sua dimensione contro i lavoratori dei diversi paesi, mettendo gli uni contro gli altri. Le direzioni sindacali, chiuse nel loro nazionalismo e aziendalismo, non muovono un solo passo per tracciare una linea comune di azione tra i lavoratori dei cantieri sparsi nel mondo: non ci resta che assumerci, assumervi direttamente anche questo compito!

Marghera, 10 marzo 2015
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri

 

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