[Napoli] Scioperano i lavoratori dei McDonald’s e ottengono una prima vittoria

Sabato 30 marzo chi si fosse avvicinato all’ingresso del McDonald’s  di Afragola avrebbe potuto leggere un avviso: “Ci scusiamo per i disagi che potrebbero essere arrecati alla clientela a causa dell’agitazione sindacale di alcuni dei lavoratori”. Un messaggio con diverse ambiguità ma che riesce a trasmettere bene ciò che l’azienda vuole arrivi ai suoi clienti: la colpa di ciò che sta accadendo non è di McDonald’s; sono i lavoratori che, non si capisce bene il perché, si stanno comportando in maniera irresponsabile, sono loro ed il loro sindacato che hanno iniziato ad ‘agitarsi’. Ma che sta succedendo? E perché i lavoratori si starebbero ‘agitando’?

I lavoratori e le lavoratrici dei McDonald’s del napoletano da alcune settimane stanno dando vita ad una serie di azioni di protesta contro la decisione del management aziendale di disdettare unilateralmente gli accordi sottoscritti con la UILTuCS, il sindacato che li rappresenta, aprendo così la porta a possibili trasferimenti in altre strutture del gruppo. Il gruppo in questione è denominato Napoli Futura, e gestisce ben 9 dei ristoranti che McDonald’s Italia possiede in Campania (due ad Afragola, due a Pompei e uno a Casoria, a Via Argine (NA), a Piazza Municipio (NA), a Salerno e a Nocera). Non si tratta di un licenziatario di McDonald’s Italia, ma di una società che è partner al 50%, un caso unico in Campania. A Napoli Futura è affidata la sottoscrizione del contratto di secondo livello (la pratica di McDonald’s è quella di non ‘sporcarsi le mani’ con le possibili beghe derivanti dalla gestione della forza lavoro) e, più in generale, è la responsabile dei rapporti con i lavoratori dei propri ristoranti.

Chi sono questi lavoratori? Innanzitutto vanno per lo più declinati al femminile: sono infatti in gran parte lavoratrici, giovani, spesso con figli. Non lavorano lì da pochi mesi, ma in molti casi da anni; c’è chi è arrivata 6 anni fa, chi 10 e chi 14. Lavorano soprattutto come ‘crew’ e hanno un contratto part-time da 20 ore settimanali a tempo indeterminato che permette loro di guadagnare intorno ai 500€ al mese. È facile intuire che un trasferimento, se anche fosse in una delle sedi di Pompei e non a Salerno o Nocera (che la direzione di Napoli Futura ha dichiarato di essere sul punto di cedere, seppur non specificando tempi e modalità), risulterebbe un notevole ostacolo: nuove spese e l’impossibilità di gestire i tempi di vita (ma non ci avevano raccontato la storiella della ‘flessibilità’ buona contro la ‘precarietà’ cattiva, con la prima che andava incontro alle esigenze soprattutto di giovani e donne?). Così tutte quelle che abbiamo conosciuto ci hanno detto la stessa cosa: “se mi trasferiscono sarò costretta a rassegnare le dimissioni”. Il timore che dietro questa mossa aziendale si nasconda un piano per ridurre il costo della forza lavoro non ci pare poi tanto immotivato: costringere ad andar via (che, in sostanza, equivale ad un vero licenziamento) lavoratori e lavoratrici che hanno maturato esperienza e, soprattutto – in termini di spese per Napoli Futura – anzianità e scatti di livello, per sostituirli con giovani lavoratori con contratti a 3 mesi, disponibili sul mercato del lavoro per essere sfruttati e poi prontamente scaricati, non porterebbe altri quattrini nelle tasche dei soliti noti?

Dalle chiacchierate con lavoratori e lavoratrici emerge però anche altro che macchia non poco il mondo patinato di McDonald’s. Lavoratrici costrette a svolgere contemporaneamente diverse mansioni (addette alle patate, alle bibite e alla cassa), con ciò che si può immaginare in termini di rispetto delle condizioni igieniche. Mancato rispetto dei minimi di riposo tra un turno e un altro, con la violazione palese dei termini normativi. Tante ore di straordinario e di ferie arretrate e non godute (che l’azienda ha cominciato a costringere a ‘godere’ secondo i suoi desiderata, vale a dire soprattutto nei periodi di calo della clientela). Testimonianza, oltre che dell’abnegazione dei lavoratori, anche di livelli di vendita che difficilmente si può dire vengano anche solo sfiorati dalla crisi e, in ogni caso, di organici sottodimensionati. Insomma, l’azienda  potrebbe assumere ma preferisce intensificare i ritmi di lavoro dei lavoratori al momento presenti, fiaccandoli e debilitandoli e, non contenta, ora mette sul tavolo la spada di Damocle dei trasferimenti!

Per questo il 30 marzo (così come il precedente sabato, 23 marzo) in alcuni dei ristoranti McDonald’s (i due di Afragola e quello di Casoria, per l’esattezza) i lavoratori e le lavoratrici hanno deciso di incrociare le braccia e di scioperare. La loro forza è subito stata evidente quando i ‘manager’ hanno dovuto prendere la decisione di tener chiuso il McDrive. Una primissima vittoria che mostrava l’indispensabilità di quella forza lavoro tanto bistrattata e calpestata. Una seconda arriva dal comportamento di tanti ‘clienti’ dopo aver ricevuto un volantino esplicativo: la solidarietà è importante e gli effetti sulla morale degli scioperanti ha il segno di un sorriso che si dipinge sui loro volti ogni volta che un automobilista decide di far marcia indietro e di andare a cercare un altro posto dove mangiare. Una terza, la più importante dal punto di vista della vertenza sindacale, è quella che arriva in serata. C’è Torino Napoli in tv. Ci arriva la telefonata di una delle lavoratrici con cui più avevamo parlato in mattinata che ci annuncia che lo sciopero inizialmente indetto anche per lunedì 1 aprile è stato revocato: la dirigenza aziendale ha accettato di sedersi al tavolo delle trattative, facendo per ora un passo indietro sulla disdetta degli accordi sottoscritti. Il prossimo appuntamento è ora il 3 aprile. Oltre alle reti di Dzemaili e Cavani, c'è un motivo in più per un sorriso, per quanto timido ed accennato debba essere al momento. La strada è ancora lunga, ma qualche buon segnale c'è...

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