Dall'Alitalia a Ryanair, le turbolenze dei lavoratori del trasporto aereo

Diverse vertenze che riguardano lavoratori del trasporto aereo si sono sovrapposte ieri in un'unica giornata di sciopero. Nonostante il settore sia in crescita da anni, i lavoratori rischiano di venire ulteriormente penalizzati da privatizzazioni, licenziamenti e dall'esternalizzazione di parte dei servizi.

Hanno incrociato le braccia i lavoratori dell'Alitalia contro la ristrutturazione (licenziamenti già annunciati) avviata dai commissari ed i rischi di spacchettamento dell'ex compagnia di bandiera. Si è fermato il personale di terra degli aeroporti di Milano Linate e Malpensa, contro l'ingresso di cooperative nell'handling, cooperative già presenti nel settore merci. È stato invece infine revocato lo sciopero indetto dall'Anpac che riguadava i piloti Ryanair, dopo aver ottenuto il primo tavolo sindacale strappato alla compagnia famosa per l'ostilità ad ogni trattativa collettiva con i suoi dipendenti (alcuni piloti hanno comunque incrociato le braccia, la Cisl infatti non ha revocato lo sciopero). A questi scioperi si è anche sovrapposto quello dei controllori di volo dell'Enav indetto da Cisl e Ugl.

L'aggressività di Ryanair nel combattere lo sciopero si era manifestata nei giorni scorsi con la lettera, pubblicata da tutti i giornali, con cui si minacciavano gli aderenti allo sciopero di una perdita immediata del roster 5/3 (la turnazione che prevede cinque giorni di lavoro e tre di riposo) per tutto l’equipaggio di cabina, e di futuri aumenti di paga e promozioni. La lettera, inviata a tutti i piloti operanti in Italia, è stata firmata da Edward Wilson in persona, capo del personale Ryanair da 15 anni. L'ennesima dimostrazione di disprezzo dei diritti sindacali da parte della compagnia low-cost ha provocato questa volta perfino le proteste dei ministri Poletti, Delrio e Calenda, che, questa volta, hanno vestito i panni di difensori del "diritto costituzionale di sciopero". Incredibile se si pensa al loro atteggiamento nei confronti di altri scioperi altrettanto legittimi, ultimo caso eclatante proprio quello dei trasporti dello scorso giugno (a cui aderirono anche i lavoratori Alitalia) che provocò invece la loro discesa in campo per chiedere a gran voce una revisione legislativa del diritto di sciopero.

Inoltre dal Governo di cui fanno parte, solo negli ultimi mesi, "per ben due volte è arrivata la precettazione dello sciopero dei lavoratori Alitalia. Uno addirittura in occasione dell'agitazione per il No al referendum aziendale sull'ipotesi di accordo" (il no ha poi vinto con il 67% dei voti) due giorni fa mentre volantinava a sostegno dello sciopero di ieri: "Ed anche rispetto a domani stiamo vivendo una limitazione del diritto di sciopero, infatti Alitalia ha comandato 1000 lavoratori per garantire i voli considerati non annullabili, ma si parla di 5 o 6 voli, quindi il numero di 1.000 lavoratori precettati è ingiustificato. Alle nostre lettere di denunce di questa situazione il Governo non ha mai risposto".

Alla fine Ryanair ha dovuto cedere parzialmente: ha scritto ai sindacati di diversi paesi europei (Irlanda, Regno Unito, Germania, Italia, Spagna e Portogallo) invitandoli a degli incontri e riconoscendoli come controparte. L'Anpac ha quindi revocato lo sciopero.

All'Alitalia invece si è scioperato nel quadro delle mobilitazioni che vanno avanti da mesi dopo il fallimento dell'azienda ed il suo commissariamento da parte del Governo. In queste settimane la procedura di messa in vendita dell'ex compagnia di bandiera sta avendo un'accelerazione, dopo la presentazione delle offerte vincolanti siamo ora nella fase di valutazione delle offerte, fase che sembrava inizialmente dovesse concludersi in primavera mentre ora l'intenzione del Governo è chiudere prima delle elezioni politiche, arrivando allo smembramento della compagnia tra parte aviation e parte handling (cioè tra funzioni di volo e funzioni di manutenzione e assistenza a terra). In virtù di questa operazione, i commissari stanno mettendo in pratica un piano di contrazione della spesa che per l'ennesima volta grava sui lavoratori. Di fatto stanno applicando quell'accordo rigettato dal referendum dello scorso aprile con quasi 7.000 NO (su poco più di 10.000 lavoratori). Anche con la complicità dei sindacati che hanno firmato a fine ottobre un accordo che ratifica la necessità di 1600 esuberi, oltre a prorogare la cassa integrazione che coinvolge quasi 2000 persone. Inutile dire che in questo modo si suggerisce l'inevitabilità di ulteriori licenziamenti in Alitalia (abbiamo riassunto altrove perché così non è, dopo più di 12.000 licenziamenti in meno di dieci anni), per rendere più appetibile il piatto da offrire ai futuri compratori. Contro questo piano, e l'ipotesi dello smembramento, la Cub ha presentato un dossier che motiva la loro proposta di nazionalizzazione della compagnia come unica via percorribile. Nel documento si fa notare un'amara verità: i soldi risparmiati dal 2009 ad oggi tra licenziamenti e casse integrazione ammontano a circa 700 milioni di euro, molto di più dei 430 milioni di euro "investiti" dai capitani coraggiosi del 2008 e dai nemmeno 400 milioni versati da Ethiad. L'ideologia del privato a tutti i costi a questo punto dovrebbe tacere.

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