[Verona] Fondazione Arena e l’inconfessabile inciucio

Chi è il campione delle privatizzazioni a Verona? Anche i ridicoli lampioni blu disseminati nel centro storico dal presidente della partecipata Agsm, Fabio Venturi, lo conoscono. Il sindaco (ancora) sceriffo, quello che multa i barboni sequestrando loro i cani in nome del decoro, e poi si dimostra così indecoroso da svendere beni che non appartengono a lui, ma alla comunità che dovrebbe amministrare.

La Passalacqua, l’aeroporto, e poi i terreni demaniali sui quali oggi sorgono giganteschi, quanto inutili, ipermercati; la Fiera e i palazzi storici svenduti alla Fondazione Cariverona. Da ultimo, anche il tentativo di privatizzare l’ex Arsenale asburgico e la gestione del Festival lirico areniano. Qualcuno ha ragione di sospettare che lui sia solo la persona visibile di un sistema ben più radicato, che comprende imprenditori, politicanti che non meritano il nome di politici, società partecipate, e che probabilmente il Moloch di questo guazzabuglio di interessi incrociati è proprio Fondazione Cariverona, quella cassaforte di soldi, di molti soldi appartenenti, per lo più, ai piccoli risparmiatori veronesi e dirottati verso interessi che sembrano piuttosto favorire, tra i veronesi, non i piccoli, ma i soliti grandi.

Insomma, in questo mondo alla rovescia ci sono persone che umilmente chiedono soldi agli angoli delle strade e vengono punite con il sequestro dei loro unici tesori, e persone che sequestrano tesori e risorse di tutti noi, e vengono ripagate con poltrone in consigli di amministrazione o poltronissime da amministratori.

Noi vogliamo provare a raccontarvi quello che sappiamo, e quello che sappiamo è solo una piccola parte di quello che succede dietro le quinte, nascosto da ingombranti scrivanie di mogano e pesanti tappeti, oltre che da un mare di carte, le veline della comunicazione propinata dai quotidiani e dalle Tv locali.

Vogliamo raccontarvi, ad esempio, di un inciucio sottaciuto, che lega forze politiche apparentemente contrapposte, ma che, a nostro avviso, qualche interesse in comune ce l’hanno.

L’inciucio tra Tosi e Pd sulla vicenda inerente Fondazione Arena è in atto da tempo; i commissari del ministro Franceschini, Fuortes e Polo, non hanno fatto altro che proseguire il lavoroiniziato da Tosi e Girondini. Il lugubre bon ton istituzionale ha sostituito gli urlacci di Flavio Tosi (che stava rischiando di provocare una vera rivolta tra i lavoratori), ma le zavorre indicate dall’ ex Commissario Fuortes nel suo “Piano di rilancio”, che pesano annualmente per quasi due milioni di euro sulle già disastrate finanze della Fondazione, come afferma anche un recentissimo comunicato stampa diramato dal sindacato autonomo Fials, sono ancora agganciate a Fondazione Arena, e stanno esattamente là dove le aveva poste il sindaco di Verona. Le zavorre in questione (la controllata Arena Extra e il mantenimento del museo Amo) hanno causato negli ultimi cinque anni circa 22 milioni di euro di baratro nei bilanci di Fondazione Arena. Fuortes parlava bene ma razzolava male! Parlava bene quando, in qualità di sovrintendente dell’Opera di Roma, nell’inverno 2015, affermava che “il balletto è una risorsa irrinunciabile per il rilancio di una fondazione lirico sinfonica ed è sbagliato privarsene, come vogliono fare a Verona”. Ha razzolato male, quando, nelle vesti di commissario proprio a Verona (ironia della sorte), solo qualche mese dopo, sconfessando se stesso, ha smantellato la risorsa irrinunciabile per il rilancio, il corpo di ballo: e questo ha fatto, nonostante le normative della legge Bray, che avrebbero dovuto rappresentare la sua stella polare durante la sua missione nella nostra città, non prevedano nel modo più assoluto la chiusura di settori artistici, perché tali azioni pregiudicherebbero ogni possibilità di rilancio. La legge Bray, sia detto per inciso, prevede un prestito da parte dello Stato a fronte di un piano di rilancio, che svincoli gli sprechi (le zavorre, per l’ appunto) e rilanci il piano artistico (corpo di ballo, orchestra e coro).

Le decisioni di Carlo Fuortes e del suo successore Polo, che se ne è lavato le mani, alla maniera di Ponzio Pilato, e ha seguito il solco tracciato da Fuortes, sono dettate, a nostro avviso, dalle decisioni governative sfociate nella promulgazione, l’estate scorsa, della famigerata legge 160, finalizzata allo smantellamento delle Fondazioni lirico sinfoniche, che non raggiungano il fatidico pareggio di bilancio. E così, mentre da una parte ci si impegna a trovare 40 miliardi di euro per costruire la tratta della Tav Verona -Vicenza, non solo si subordina una parte importante della cultura del nostro paese al pareggio di bilancio, ma, nel nostro caso, si lavora alacremente per impedirne la rinascita.

La stella polare per il Pd e i tosiani pare essere quindi la stessa, e conduce alla privatizzazione del Festival Areniano. A ulteriore conferma di questo orientamento, si può additare la proposta, avanzata nei giorni scorsi dal Pd veronese, di candidare a sindaco l’avvocato Lamberto Lambertini. L’avvocato, che peraltro ha rifiutato, è il medesimo che, insieme all’avvocato di Tosi, Maccagnani, e all’imprenditore Manni, ha costituito l’ “Arena Lirica Spa”, e cioè giusto quella società che, nei loro progetti, dovrebbe rappresentare il punto finale della privatizzazione. La scelta del Pd, di percorrere “la via Lambertini”, non si può forse interpretare, alla luce di quanto scritto in precedenza, come il tentativo di porsi in continuità con i progetti di privatizzazione messi in atto, non appena possibile, dall’amministrazione diFlavio Tosi?

La partecipazione, alla progettata “Lirica Spa”, dei fondi d’investimento statunitensi, così come ventilato da Manni, che di opera lirica se ne intende forse meno di un perito agrario, non lascia presagire nulla di buono. E’ ormai risaputo che il loro interesse all’investimento si concentra nell’arco di pochissimi anni; arrivano, questi fondi statunitensi, investono una cifra iniziale e poi ricercano il massimo profitto per ripartirlo tra i soci, del tutto incuranti della qualità del prodotto e dei ai diritti dei lavoratori. Quando questa logica viene applicata all’arte e alla cultura, e il “prodotto” è dato dalla capacità di veicolare emozioni e bellezza, la perdita di qualità è assicurata. I cittadini veronesi e i turisti appassionati dell’opera lirica sapranno riconoscere l’involuzione, e ben presto, quando lo spettacolo offerto non sarà più quello unico al mondo che conoscevano, se ne allontaneranno progressivamente.

Sarà allora, quando la gallina dalle uova d’oro sarà buona solo per far brodo, che l’Arena diverrà “teatro” solamente dei grandi concerti rock pop, che già oggi vi si svolgono, con grave danno alla sua poderosa, ma nello stesso tempo fragile, struttura.

Lo sa bene il ministro Franceschini. Lo sa bene anche il campione delle privatizzazioni a Verona, il sindaco, che fa approvare dal Consiglio comunale un bilancio di spesa triennale che prevede massicci tagli ai finanziamenti per l’incremento della cultura, per la manutenzione di scuole, strade e marciapiedi. E questo perché? Per riversare 15 milioni di euro sul project financing che consegnerà un altro monumento cittadino, l’ex arsenale asburgico, ai privati di Italiana Costruzioni. Non contento, il sindaco si volge nuovamente a mordere i fianchi dell’Arena, prevedendo, con il pieno appoggio di un privato, una spesa di circa 12 milioni di euro per la copertura dell’anfiteatro. Ancora una volta il Pd veronese fà da sponda a questo scriteriato progetto, mentre il ministro Franceschini aderisce con entusiasmo.

Voglia di preservare il monumento dall’umidità? O non è forse il coronamento, l’atto finale del più grande anfiteatro al mondo, trasformato in divertimentificio, in cento arcovoli per il miglior offerente? E cosa diranno i ristoratori e i commercianti veronesi quando il turismo elitario, agiato e posato di cui godono oggi, sarà sostituito dal turismo mordi e fuggi caratteristico dei concerti pop e rock? E come reagiranno i cittadini veronesi, sempre silenti malgrado le mannaie che volteggiano sulle loro teste, quando il fiore all’occhiello della città apparirà come un enorme cesso col coperchio alzato? Forse penseranno che avrebbero dovuto protestare prima, quando c’era ancora tempo, quando solo qualche voce isolata parlasse alla luna…forse….Ma sarà troppo tardi, e il coperchio, tristemente, si chiuderà su ciò che l’Arena rappresentava, e sui loro inutili rimpianti!

Comitato Opera Nostra – Fondazione Arena Bene Comune

Rete Camere Popolari del Lavoro