[Milano] Direct Line, l’accordo bidone

Pubblichiamo la lettera di un lavoratore del call center Sales di Direct Line Insurance che ci illustra come procede la vertenza sul proprio posto di lavoro mettendo in luce le difficoltà ma anche le vittorie dei lavoratori

 

Sottoscritto dai sindacati, presentato ai lavoratori il 12 dicembre e sottoposto a referendum “lampo” il giorno dopo, l’accordo “a svendere” passa grazie al voto di capi, capetti, funzionari e amministrativi dei piani alti.

Dopo la chiusura, a settembre, del piano di incentivazione volontaria con buonuscita, che ha visto l’esodo di 174 colleghi a seguito della dichiarazione di 200 esuberi da parte dell’azienda, si è aperta la fase del confronto tra le Organizzazioni Sindacali e l’ufficio del personale sul tema della definizione di un nuovo Contratto Integrativo Aziendale, dopo la disdetta unilaterale di quello vecchio, con effetto dal 30 novembre.

Subito abbiamo rilevato l’atteggiamento “sospetto” delle RSA (Rappresentanze Sindacale Aziendali, composte da delegati di CGIL, CISL, UIL e FNA), che a seguito di svariati incontri con la controparte non lasciavano trapelare alcunché a proposito delle questioni discusse, nonostante fosse chiaro a tutti che le richieste dell’azienda si configurassero come pesantissime. Nello specifico, il nostro vecchio CIA, frutto delle lotte di 15 anni in Direct Line, comprendeva istituti molto avanzati, che l’azienda chiedeva di eliminare o di ridurre fortemente, quali le giornate di assistenza malati, l’indennità turno, orari flessibili per gli amministrativi, permessi retribuiti e non retribuiti di vario tipo, varie disposizioni migliorative rispetto al CCNL di categoria.

Obiettivo dell’azienda annullare tutto questo, e definire un “nuovo CIA” contenente istituti funzionali alle nuove esigenze: fungibilità e flessibilità nella mansioni del Contact Center, passaggio su turni di parte degli amministrativi, eliminazione dei ticket part time, riduzione della parte variabile del salario, solo per fare degli esempi.

Lunedì 12 dicembre le RSA hanno organizzato in tutta fretta le assemblee dei lavoratori, per presentare l’ipotesi di accordo raggiunta con l’azienda, e inspiegabilmente già firmata dai delegati di Fisac CGIL, FNA, First CISL. Unica sigla non firmataria, la Uilca (UIL), i cui delegati, schifati dall’atteggiamento arrendevole di tutti gli altri, hanno abbandonato il tavolo delle trattative prima della triste conclusione, informando i lavoratori di quanto stava accadendo. Ma il tempo per riflettere non ci è stato concesso: già il giorno successivo, martedì 13 dicembre, ci sarebbe stato il referendum per decidere se l’accordo sul “nuovo CIA” sarebbe passato oppure no.

Si è formato quindi in azienda il gruppo “Lavoratori per il NO”, col quale abbiamo cercato in tutti i modi di contrastare questa l’operazione, orchestrata ad arte dai delegati CGIL, FNA ed azienda. Da segnalare come la principale delegata Fisac CGIL che ha condotto la trattativa, dal 31 dicembre 2016 non sarà più in azienda, in quanto compresa nel piano di incentivazione volontaria con buonuscita chiuso a settembre. Se non si trattasse della vita di centinaia di colleghi, (670 i dipendenti Direct Line) sui quali ricadranno le condotte ai limiti del grottesco di questa delegazione sindacale, ci sarebbe da ridere.

Ovviamente il sindacato ha agitato lo spauracchio del ricatto occupazionale, per spargere terrore e per indurre i colleghi a votare l’accordo; tutto come da manuale: la scelta doveva essere tra posto di lavoro e condizioni di lavoro; Marchionne docet. Peccato che in questo caso la natura della minaccia era palese, dato che l’azienda si era già “liberata” di 174 colleghi col piano di incentivazione volontaria. Questo ha reso ancor più grave la condotta sindacale, che ha avvallato, pur di far passare l’accordo, supposte crisi e rischi occupazionali inesistenti.

In due giorni abbiamo tentato di tutto, volantinaggi, interventi nelle partecipatissime assemblee, discussioni infinite nei reparti per spiegare ai colleghi che solo votando “NO” a questo accordo, e solo rigettando al mittente questo scempio, avremmo potuto metterci al riparo da altre manovre ben peggiori, che sicuramente Direct Line vorrà mettere in campo per ridurre ulteriormente i costi. L’azienda e il sindacato si aspettavano un plebiscito; ma così non è stato: sull’esito del referendum, che ha visto l’accordo passare con 301 voti favorevoli e 249 contrari, riportiamo parti del testo fatto circolare il giorno dopo firmato “lavoratori per il NO”:

 

referendum direct line, ripartire da questo risultato!

Alla fine, il SI ha prevalso: di poco, con il 54,82% contro il 45,18% dei NO.

Su questo risultato pesano diversi elementi, a partire dalla gestione a dir poco scandalosa di tutta la trattativa da parte delle Organizzazioni Sindacali firmatarie, sino all'impegno che ci ha messo l'azienda stessa per ottenere il risultato.

Tutto organizzato in fretta e furia: un accordo inviato il venerdì pomeriggio ai lavoratori, discusso il lunedì mattina con le ormai note “assemblee di reparto”, e votato il giorno dopo con un referendum “lampo”, il cui regolamento è stato inviato il lunedì sera alle 20:00. Meglio di così non si poteva fare.

Questa volta non ci sono stati problemi per le ore di assemblea retribuita, e la partecipazione al voto è stata davvero notevole … con i vari capi e capetti che “invitavano” i colleghi ad andare a votare! Insomma, diciamo che in tutta l’operazione ci sono state diverse ombre: addirittura, tra la fila dei votanti si sono visti perfino funzionari e 7 livelli, che probabilmente per la prima volta mettevano piede in una saletta sindacale …

Quanto l’azienda investisse sull’esito di questo referendum era chiaro sin dall’inizio: l’accordo firmato da 3 sigle sindacali su  4 (e senza l’assenso dei lavoratori), corrisponde infatti in pieno alle esigenze della nuova proprietà. L’azienda si è data da fare, ed ha mandato i “suoi”.

Nulla di più normale.

Tanto ha pesato l'atteggiamento delle RSA che per spingere l'approvazione di un accordo indigeribile, questo è stato presentato come inevitabile, e come l'unica soluzione possibile (per cosa poi?!?). Come sempre hanno agitato lo spauracchio delle esternalizzazioni, della crisi, paventando gli scenari peggiori possibili, senza offrire nessun tipo di alternativa ai lavoratori.

La realtà è che questo accordo non doveva essere messo ai voti, perché doveva essere rigettato prima!

[...] Analizzando il voto reparto per reparto, possiamo tranquillamente dedurre che “la base” abbia espresso in maniera maggioritaria il “NO ALL’ACCORDO”. E questo è un dato incontrovertibile, che abbiamo potuto rilevare sia parlando coi colleghi, sia considerando l’andamento delle “difficili” assemblee svoltesi nella giornata del 12 dicembre.

Infatti, in queste 3 partecipatissime assemblee, che hanno visto finalmente i lavoratori confrontarsi con le RSA, sono emerse enormi critiche all’operato di questi delegati: sia nel METODO, con una firma apposta senza alcun confronto con i propri rappresentati, sia nel CONTENUTO, per  un accordo che determinerà un pesantissimo peggioramento della vita di tutti e tutte.

[...] Anche se è difficile, OCCORRE SUBITO CAPIRE COME RIPARTIRE, partendo dagli aspetti positivi ed andando avanti.

Questo risultato non sarà facile da gestire nemmeno per l'azienda, che si aspettava sicuramente un plebiscito e che, invece, si trova un 45% di lavoratori contrari, che non hanno ceduto al ricatto occupazionale messo in campo dalla controparte e sponsorizzato in tutte le salse possibili e immaginabili dalle RSA.

A noi dimostra che c'è un gruppo più che consistente di lavoratori che ha detto NO, e che è disposto a fare qualcosa per cambiare questa situazione.

[ … ] Inoltre, diverse questioni non sono ancora state definite nell’accordo, e la trattativa sul CCNL è ancora aperta; molti articoli entreranno in vigore solo tra qualche mese (vedi orari di lavoro e cancellazione interim bonus) quindi abbiamo ancora tempo per mettere in campo le azioni che riterremo opportune, come ad esempio delle vertenze collettive che puntino a scardinare questo accordo articolo per articolo, e renderlo, di fatto, inapplicabile!

Non tutto è perduto!

Dobbiamo imparare da questa esperienza per guardare avanti!

Basta delegare senza partecipare! E' arrivato il momento di spendersi in prima persona, e decidere in maniera collettiva cosa fare.

Siamo consapevoli che un cambio di rotta ora come ora è davvero difficile: solo un sindacato che si confronti SEMPRE, passo dopo passo, coi lavoratori che rappresenta e che renda partecipe ogni collega delle scelte intraprese, può sperare di portare a casa delle conquiste!

Lavoratori per il NO.

 

L’attacco che Direct Line ha condotto, tuttavia, non riguarda però soltanto i lavoratori di quest’azienda: le parole d’ordine flessibilità e fungibilità, contenute nel nostro “nuovo CIA” sono ormai da mesi sul tavolo della contrattazione nazionale, in relazione al rinnovo del CCNL che vede contrapposte l’ANIA (l’associazione datoriale) e le segreterie nazionali dei sindacati confederali. Direct Line ha quindi svolto un ruolo da apripista: ciò che è successo in questi mesi nella nostra azienda avrà ricadute su tutti i lavoratori del comparto. L’obiettivo che ANIA si pone, infatti, è quello di poter disporre dei lavoratori dei vari reparti senza limiti funzionali legati a ruoli specifici, e senza limitazioni di sorta nell’organizzazione della giornata lavorativa; in ciò si traduce il concetto di fungibilità e flessibilità.

Crediamo che in Direct Line, nella definizione di questo processo, siamo però soltanto all’inizio: nella fretta di chiudere un accordo a svendere, sorprendendo i lavoratori con un referendum architettato ad arte, molte materie non sono state affatto definite, e si rimanda ad incontri e a trattative successive. Quello che stiamo facendo, come gruppo di lavoratori esterni al sindacato, è quindi da un lato muoverci con le vertenze per tentare di “smontare” alcuni articoli di questo “contratto integrativo”, che in alcuni passaggi è perfino peggiorativo rispetto al CCNL, dall’altro lato tenere il più possibile alta la tensione tra i lavoratori, dato che, appena si dovranno definire nel dettaglio le condizioni di lavoro dei prossimi mesi, (provvigioni, orari, mansioni … ) bisognerà essere pronti a mobilitarci.

Purtroppo la situazione attuale in azienda vede un sindacato sempre più delegittimato, dopo la sporca operazione architettata sulle nostre teste, e non sono pochi i colleghi demoralizzati da una condotta tanto disonesta. Un cambio di rotta si impone quindi come l’unica strada per non farsi travolgere totalmente da un azienda che, sino ad ora, ha dimostrato di saper condurre gli attacchi fino in fondo, utilizzando tutte le armi a sua disposizione. E utilizzando, ai suoi scopi, perfino il sindacato stesso, che se in una prima fase poteva sembrare solo arrendevole, alla luce di questi ultimi eventi si è dimostrato del tutto connivente.

Un lavoratore del call center Sales di Direct Line Insurance

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