[Milano] Direct Line, dal 10 giugno in lotta contro i licenziamenti. Contributo di un lavoratore del call center Sales di Direct Line Insurance.

Pubblichiamo il contributo inviatoci da un lavoratore di un call center di Milano, la Direct Line, sulla lotta che i lavoratori stanno portando avanti contro i licenziamenti previsti dall'azienda. Una lotta che non riguarda solo la specifica azienda, ma tutto un settore che dovrà a breve rinnovare il contratto collettivo nazionale. Alla fondamentale battaglia contro i licenziamenti si affianca la lotta contro lo smantellamento dell'integrativo aziendale che potrebbe essere apripista per la discussione sul rinnovo del contratto collettivo di settore.

Venerdì 10 giugno 2016 Direct Line, prima compagnia assicurativa diretta operante in Italia, dichiara 200 esuberi, nonché la disdetta, a partire dal 30 novembre, di tutti gli accordi sindacali contenuti nel CIA (Contratto Integrativo Aziendale).

Questo è il primo atto di rilievo compiuto dalla nuova proprietà spagnola, la multinazionale MAPFRE (colosso delle assicurazioni, presente in 49 paesi al mondo), subentrata l’anno scorso nella gestione del gruppo. Il marchio Direct Line inoltre, dovrebbe essere preso sostituito da quello dell’analoga compagnia diretta spagnola VERTI. Eventuali “danni all’immagine” verranno quindi presto archiviati, assieme al vecchio nome della compagnia.

Direct Line non è un’azienda in crisi: giustifica gli esuberi adducendo come motivazione un calo delle vendite delle polizze e del premio medio, la concorrenza agguerrita dei competitors, la necessità di ristrutturare in funzione dell'efficienza. Oltre a “smaltire l’eccedenza di personale”, obiettivo dell’azienda è quello di eliminare o limitare fortemente gli istituti regolamentati dal CIA, quali premio di produzione, permessi (assistenza malati, vari permessi legati alla maternità, permessi studio, non retribuiti, ecc…), benefici vari, nonché legare le provvigioni della vendita, (per ora in buona parte collettive) alla singola produttività e presenza individuale.

Immediata la risposta dei lavoratori coinvolti. Le rappresentanze sindacali (RSA, composte dalle sigle Fisac-CIGL, maggiormente rappresentativa, First-CISL, Uilca-UIL, e FNA) proclamano subito lo sciopero, e ci si riunisce in assemblea per decidere come muoversi. Tutti i reparti dell’azienda risultano coinvolti dalla ristrutturazione: gli 800 lavoratori (personale del call center e amministrativo) dell’unica sede di Cologno Monzese (via Volta 16) decidono quindi a larghissima maggioranza il blocco immediato della produzione, e lo sciopero totale per le giornate successive. L’adesione è altissima, soprattutto nei reparti a diretto contatto col cliente come le front line (500 lavoratori circa suddivisi in vendite, assistenza, sinistri e back office).

Quasi spontaneamente, durante questa settimana si scioperi, i lavoratori fanno picchetto di fronte all’ingresso principale, convincendo molti colleghi a desistere dall’entrare a lavorare. I crumiri, che comunque non mancano, si devono fare strada a spintoni, tra gli insulti generali; in qualche caso vengono aiutati a forzare il blocco dal drappello di carabinieri, sempre presenti in queste giornate di agitazione. L’assembramento davanti all’azienda è numeroso e deciso: la produzione è bloccata, un disco avverte i clienti che “le linee sono chiuse a causa di agitazioni sindacali”; niente male per un gruppo di colletti bianchi del settore assicurativo! Il morale è alto: si sfila per le vie di Cologno dietro allo striscione “No ai 200 esuberi”.

Durante il primo incontro dei sindacati con l’azienda (14 giugno) un nutrito e rumoroso presidio sotto le finestre del primo piano della sede di via Volta sostiene i delegati, mentre alti lavoratori dall’altro lato del palazzo mantengono i picchetti.

Da subito è chiaro a tutti come la vertenza Direct Line travalichi l’ambito della nostra singola azienda, e assuma quindi un carattere più ampio, con ripercussioni su tutto il comparto assicurativo. In questo stesso periodo, infatti, è in discussione il rinnovo del CCNL in ANIA (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici, l’associazione datoriale). Il tema discusso è quello della flessibilità e fungibilità dei lavoratori del settore, esattamente quello che Direct Line richiede nelle sue dichiarazioni. Tramite l’attacco diretto ai lavoratori Direct Line infatti, si vuole colpire il punto più avanzato del comparto, che ha in questo Contratto Integrativo Aziendale, frutto di 15 anni di lotte, proprio il suo punto di forza.

A fonte della dichiarazione di esuberi, tuttavia, la dirigenza non apre subito la procedura di licenziamento collettivo (disciplinata dalla legge 223/91); il CCNL ANIA prevede infatti, all’art. 16, che vi debbano essere 60 giorni di confronto sindacale con l’azienda per trovare delle soluzioni (riorganizzazioni, buonuscite volontarie) che possano scongiurare il ricorso a misure drastiche. Questo ci offre un grande vantaggio: i tempi si allungano, e nel frattempo è possibile organizzare una risposta in termini di mobilitazione, mentre il sindacato prosegue gli incontri con l’azienda che giorno dopo giorno precisa le sue richieste. Tuttavia il sindacato, concentrato esclusivamente al tavolo con l’azienda, dal punto di vista della lotta tende a tirare i remi in barca, e infatti per tutto luglio evita di proclamare scioperi; molte le voci critiche tra i lavoratori, che vorrebbero dare un senso alle giornate di sciopero di giugno proseguendo la lotta stessa; ma sembra chiaro a tutti come le attuali rappresentanze sindacali stiano puntando semplicemente ad un accordo al ribasso, per ridurre il numero degli esuberi. Si inizia a parlare di buonuscite. Molti iniziano a rendersi conto che il fulcro del discorso sindacale si sta spostando, dalla lotta contro i licenziamenti, all’accordo e alla buonuscita. Ma il sindacato non dovrebbe puntare alla salvaguardia dei posti di lavoro, come prima cosa? Nelle assemblee non mancano gli interventi in tal senso.

Il 9 agosto, comunque, gli eventi precipitano: l’azienda vorrebbe chiudere le procedure ex art.16 del CCNL, e firmare un accordo che comprenda i licenziamenti; la responsabile del personale si rifiuta di sottoscrivere un verbale redatto nei giorni precedenti assieme al sindacato, che avrebbe posticipato la discussione a settembre e avrebbe previsto un piano di buonuscite; rimangiandosi la parola, l’azienda rompe il tavolo, e lo fa nel periodo migliore, dal suo punto di vista: metà agosto, moltissimi sono in ferie, poche le chiamate. Per il sindacato è davvero troppo, viene dichiarato lo sciopero immediato e, dietro la spinta dei lavoratori presenti in azienda e riuniti in assemblea, lo sciopero ad oltranza. Si sciopererà ininterrottamente dal 9 al 20 agosto; scioperi a singhiozzo proseguiranno anche nella settimana successiva. Tutti i giorni l’assemblea dei lavoratori, insieme al sindacato, decide le modalità del proseguo della lotta.

Diventa chiaro un ulteriore obiettivo che Direct Line si pone con questo attacco: estromettere, esautorare, annientare il sindacato in azienda. Negli ultimi 15 anni il livello di sindacalizzazione dei lavoratori è sempre stato alto, e infatti il nostro CIA, con tutti i suoi istituti estremamente avanzati per il comparto (provvigioni collettive, permessi vari retribuiti) ne era l’espressione più lampante. La nuova proprietà spagnola punta invece ad instaurate, con ogni lavoratore, un rapporto individualizzato. La battaglia sarà ancora lunga, gli esiti non affatto scontati.

Ed ecco che il 12 agosto, puntuale, arriva il piano di buonuscite volontarie proposto a tutti i lavoratori, tempo di adesione fino al 15 settembre: identico nella sostanza a quello definito dal sindacato, ma redatto, proposto e gestito unilateralmente dall’azienda. Il messaggio è chiaro: il rapporto non è più tra sindacato e azienda, ma tra singolo lavoratore e azienda. Il piano di buonuscite fa gola a molti: 24 mensilità base per tutti, 2 mensilità per ogni carico familiare, 1 mensilità per ogni anno lavorato in azienda (i lavoratori più “anziani” sono stati assunti nel ‘98/’99). Si tratta di matematica: gli importi sono più alti in relazione all’anzianità aziendale, l’obiettivo è infatti buttare fuori coloro che sono in Direct Line da più tempo, costano di più, sono meno “produttivi” (donne con figli, si sa, non possono sempre e solo lavorare …) e sono maggiormente combattivi sul piano sindacale.

Le buonuscite hanno quindi l’effetto di spostare un'altra volta la discussione, dalla lotta al becero conteggio delle mensilità spettanti. Molti sono però coloro che intervengono e chiedono di spostare l’attenzione su quanto avverrà dopo il 15 settembre, sulle condizioni di lavoro che ci aspettano, sul Contratto Integrativo da riconquistare. Come già detto, l’esito non è scontato: il nuovo CIA sarà espressione dei rapporti di forza che riusciremo a mettere in campo in azienda, dal 15 settembre in poi.

Da rilevare un certo “attendismo”, da parte dell’attuale rappresentanza sindacale: per ora è l’azienda che conduce. Il sindacato risponde agli attacchi, soprattutto ad agosto lo ha fatto anche con una certa “forza”; d'altronde, una volta saltato il piano d’interlocuzione con l’azienda, bisognava bloccare tutto, e non si poteva fare altrimenti. Ma non basta: ora si tratta di riprendere l’iniziativa sindacale, a prescindere da quelle che saranno le mosse di Direct Line e della nuova proprietà spagnola MAPFRE. Solo in questo modo sarà possibile proseguire la vertenza continuando a dare battaglia, consci del fatto che la difesa dei posti di lavoro non può essere barattata con le condizioni di lavoro stesse, ma che occorrerà rispondere ed organizzarsi su tutta la linea.

Un lavoratore del call center Sales di Direct Line Insurance

 

 

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