Grande Distribuzione: i lavoratori scioperano per il rinnovo del contratto nazionale

Quattro giorni di sciopero nel settore della grande distribuzione organizzata (GDO) per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro scaduto da ormai due anni. Sabato 19 dicembre lo sciopero nazionale di CGIL-CISL-UIL con manifestazione a Milano, poi il 20, 24 e 27 dicembre gli scioperi indetti dalla Cub.

 

Nel settore del commercio l'anno che si sta concludendo è stato caratterizzato dalle migliaia di licenziamenti su tutto il territorio nazionale da parte di Auchan, la dismissione del contratto integrativo ad Ikea, l'obbligo a tenere aperto h24 7su7 in decine di supermercati Carrefour (e presto anche in tante altre catene): in sostanza la pretesa dei padroni è stata, ed è, quella di farci lavorare di più (domenica e festivi) e per un salario inferiore (cioè senza ricevere lo straordinario).

Nel 2011 Confcommercio firma un accordo separato con Cisl e Uil, stabilendo l'obbligatorietà del lavoro domenicale e minori tutele nei giorni di malattia: misure necessarie per permettere alle imprese di poter beneficiare della legge “Sblocca Italia” varata da Monti in quell'anno (liberalizzazione di orari e giorni di apertura degli esercizi commerciali), senza oneri aggiuntivi, cioè senza pagare straordinari. Ma per i padroni non era ancora abbastanza, così a inizio 2012 quasi tutti i giganti del settore hanno deciso di fondare una nuova associazione: Auchan, Carrefour, Coin, Despar, Esselunga, Ikea e Metro sono usciti da Confcommercio per aderire a Federdistribuzione e poter cominciare una trattativa facendo tabula rasa dei pochi diritti rimasti ai lavoratori. Così sono quasi 2 anni che i lavoratori di queste aziende si trovano senza contratto collettivo (il precedente scadeva a fine 2013), con gli ultimi aumenti risalenti a due anni fa e molti integrativi (Auchan, Ikea) nel frattempo dismessi.

A marzo di quest'anno la Cgil firma il rinnovo con Confcommercio unitariamente a Cisl e Uil, accettando di fatto il contratto che si era rifiutata di sottoscrivere quattro anni fa e che conferma il lavoro domenicale, senza maggiorazioni salariali, in cambio del misero aumento di 85 euro in tre anni. Ma anche questo infame accordo trovato con Confcommercio non sembra bastare ai giganti di Federdistribuzione che vogliono ancora di più. Soprattutto non paiono così decisi a concedere molto in termini economici ai soliti enti bilaterali (welfare aziendale, fondi pensione, assistenza sanitaria) sui quali campano le burocrazie dei confederali.

In questo scenario persino la CGIL, sempre remissiva come dimostra la capitolazione con Confcommercio, ha dovuto quanto meno puntare i piedi, organizzando due giornate di sciopero: la prima il 7 novembre e questa del 19 dicembre. Giornate particolarmente calde, queste di dicembre, proprio perché sui lavoratori pesa l'obbligo di lavorare anche durante i festivi: nel centro commerciale Le Gru di Torino, ad esempio, i commessi dovranno lavorare fino alla mezzanotte dal 18 al 24!

Lo sciopero indetto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs si è svolto con una manifestazione a Milano che ha visto coinvolti 15 mila lavoratori. Filo conduttore lo slogan #fuoritutti per significare il rifiuto dei lavoratori a lavorare sempre, festivi e notturni inclusi, per altro senza maggiorazioni di salario. Da Corso Venezia, passando per Piazza San Babila, il corteo ha raggiunto Piazza della Scala bloccando il traffico cittadino. Uno sciopero in parte depotenziato grazie alla chiamata dei lavoratori interinali che le aziende possono assumere temporaneamente nel periodo natalizio: una vera e propria sostituzione di lavoratori scioperanti che sarebbe illegale, ma su cui tutti chiudono gli occhi.

Oltre a Milano anche in alcune altre città si sono tenuti presidi davanti ai centri commerciali dove si scioperava:  e  alcune foto del presidio al magazzino Metro di Bari.

In sostanza la richiesta della triplice è quella di firmare un contratto analogo a quello ratificato con Confcommercio. Immaginiamo già che per i confederali questa non sarà una giornata utile in un percorso di lotta, ma al massimo una prova di forza(?) per spuntare condizioni migliori (per le burocrazie del sindacato, non per i lavoratori) nella trattativa: do you remember sciopero di un anno fa contro il Jobs Act? Proprio per questo ci pare evidente che per frenare questo feroce e generalizzato attacco a orari e salari sia sempre più necessario che siano i lavoratori stessi ad organizzarsi in ogni posto di lavoro, magari costruendo reti e piattaforme comuni che vadano al di là della singola azienda.

Vogliono farci lavorare di più, chiamandoci quando gli serve e concedendoci meno riposo e solo quando vogliono loro; pagare meno la malattia, non pagare lo straordinario e ridurre al minimo tutti i salari (lo ricordiamo: ben che vada dal 2013 al 2018 gli stipendi saliranno di 85 euro medi). Un attacco non solo alle condizioni di lavoro, ma anche alla vita dei lavoratori e delle tante lavoratrici operanti nel settore, che dovendo lavorare la domenica e gli altri giorni festivi faticano anche ad organizzare la propria vita privata e relazionale. Un attacco in verità non troppo diverso da quello che vediamo in tanti altri settori, e proprio per questo un attacco cui l'unica risposta non può che essere l'unione di tutti i lavoratori.

Emilia ha 38 anni. Due figlie, la più grande di 7 anni, la più piccola di 4. Il marito, Alberto, ha una piccola edicola. Sveglia presto e ritorno a casa nel pomeriggio. A volte si incrociano giusto sulle scale di casa. Nel fine settimana vorrebbero stare un po' a pranzo tutti insieme, far giocare le piccoline, magari portarle al parco o a fare una passeggiata. Ma Emilia non può programmare nulla. I turni glieli comunicano praticamente di giorno in giorno e, da qualche settimana, si parla di possibile chiusura e conseguente trasferimento in un altro store. Sì, perché Emilia lavora, come tantissime, nella grande distribuzione. Contratto part-time, 20 ore a settimana e qualche centinaio di euro al mese per far quadrare il bilancio della famiglia.

Oggi Emilia ha incrociato le braccia. Anche lei ha gridato ‪#‎FuoriTutti‬.

Fuori dai centri commerciali per un giorno, ma immersi nel corpo della società. Per dire che è stanca, che non ce la fa più, che i ritmi sono sempre più intensi e che non è giusto che continuino a trattarla così. Non basterà la giornata di oggi, lo sa. Però queste giornate le danno la forza per ricominciare, per sopportare. Perché lei è già all'assalto del futuro.

Magari se ci uniamo a lei, se non permettiamo che si senta sola, magari le cose riusciamo pure a cambiarle...

 

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