Che cosa succede all'Algida? Un racconto sulla panna del cuore: acida.

Algida: il nome evoca a tutti bei ricordi, specialmente con l'approssimarsi della bella stagione. Chi di noi non ha premiato i pomeriggi primaverili della sua infanzia con un Cornetto, un Cremino, un Cucciolone?

Dal 1974, anno in cui il marchio è stato comprato dalla multinazionale Unilever diventando una vera e propria industria internazionale del gelato, non c'è stato un momento, estivo, non accompagnato da un prodotto di quest'azienda: un marchio rassicurante, che infatti cura molto l'immagine della continuità tra passato e presente: siamo nuovi, ma i gelati “classici” li produciamo ancora, fidatevi... Una gestione del marchio talmente intelligente che nel 2014 fu protagonista di un colpo geniale di marketing: la ricommercializzazione del Winner Taco, richiesto a gran voce dal “popolo” di Facebook e annunciato proprio su Facebook dall'azienda.

Ma è tutto così bello ciò che vediamo? Se andiamo aldilà del marketing ci possiamo rendere conto che un gelato può avere un sapore molto amaro, insopportabile.

Lo sanno bene a Cagliari: nell'autunno del 2007 il management annuncia che dal 1 Gennaio 2008 l'azienda avrebbe chiuso i battenti. Nessuna avvisaglia fino a quel momento: a Luglio andava tutto bene, la fabbrica produceva più dei volumi richiesti e aveva ricevuto un premio per la qualità totale. Eppure la decisione della dirigenza fu irrevocabile: non solo, con un surplus di cattiveria i manager imposero la clausola che chi avesse rilevato lo stabilimento non avrebbe dovuto produrre gelati.

Ora resta, in Italia, il solo stabilimento di Caivano, in provincia di Napoli: i nostri Cornetti e i nostri Magnum sono fabbricati dai circa 1000 lavoratori del sito campano, i cui stipendi sono più bassi di quelli dei colleghi dello stabilimento tedesco di Heppenheim e di quello inglese di Gloucester. L'attacco del management allo stabilimento campano comincia intorno al 2007: cassa integrazione, scioperi, una vertenza chiusa con 170 lavoratori fatti “scivolare” verso la pensione e l'accettazione da parte del personale di un regime di flessibilità oraria senza equivalenti negli altri stabilimenti europei.

Poi il rilancio, anche grazie al consistente contributo di Invitalia, l'agenzia governativa per l'attrazione degli investimenti, che nel 2013 sborsa ben 10,2 milioni di euro per “accrescere la capacità produttiva dello stabilimento di Caivano”. Il termine era la fine del 2014.

E la capacità produttiva è cresciuta, e come! Talmente tanto che, il 3 Novembre scorso, parte la cassa integrazione a zero ore per tutti gli 854 lavoratori a tempo indeterminato! Evidentemente quei 35 milioni totali (10 pubblici e 25 privati) sono stati investiti per ammodernare le linee e fare in modo che, a fronte di volumi produttivi grosso modo invariati (in realtà in leggero calo, in seguito anche all'estate bagnata del 2014, ma non significativo), le persone da impiegare fossero di meno. Infatti, a Settembre dell'anno scorso, l'azienda ha mandato a casa circa 30 lavoratori, che stanno per essere raggiunti da altri 50: si tratta di stagionali che lavorano per Algida da almeno 13 anni e che avevano firmato un contratto di 4 anni con clausola di trasformazione a indeterminato qualora ce ne fosse stata l'esigenza tecnico-produttiva. Il timore, ora, è che quest'anno nessuno stagionale venga chiamato a lavorare.

Ma come si fa a produrre più gelati con meno lavoratori? Semplice: facendo lavorare di più quelli che hai! Alcuni impiegati sono stati spostati sulle linee ed è aumentato il carico di lavoro per operaio: la stima attuale dell'azienda è che per ogni linea ci siano, solo tra gli indeterminati, 27 lavoratori “superflui”.

Se questo è il management che viene premiato con finanziamenti pubblici siamo sorpresi: non credevamo che si puntasse a valorizzare, a spese dello Stato, teoria e pratica dello schiavismo.

La cassa integrazione è finita a Gennaio e da quel momento è partita una nuova pressione psicologica nei confronti dei lavoratori: se non accettate di lavorare di più e peggio guadagnando meno, non arriveranno volumi aggiuntivi (nonostante Expo 2015 e Giubileo 2016) e a Settembre rischiate di nuovo la chiusura. Sindacati non particolarmente combattivi hanno fatto una proposta di accordo al ribasso che prevedeva circa 135 euro in meno in busta paga a fronte di una garanzia occupazionale solo fino al 2016, mentre nessuna garanzia e nessun impegno veniva preso per i 30 licenziati in presidio costante davanti allo stabilimento.

Risultato? Alle assemblee gli operai hanno giustamente rifiutato l'accordo!

Ma è una situazione di ricatto continuo, di guerra psicologica e di divisione tra lavoratori quella che gli operai Algida si trovano ad affrontare tutti i giorni: indeterminati messi contro gli stagionali, interni contro dipendenti delle ditte esterne, full time contro part time...l'azienda alimenta le divisioni, i sindacati pure, la forza dei lavoratori si indebolisce e gli unici a guadagnarci sono i padroni della Unilever, che contemporaneamente fanno lo stesso giochetto anche in altre parti d'Europa: a Saint Dizier, in Francia, dove fanno i gelati Carte d'Or, nel 2011 hanno mandato a casa quasi 200 lavoratori!

Insomma, siamo di fronte al classico esempio di capitalismo che vince: cani da rapina che saccheggiano fondi pubblici, riducono il costo del lavoro fino allo stremo per poi prendere baracca e burattini e andarsene dove possono spremere i lavoratori ancora di più...ma il gioco non gli riesce sempre!

In Francia la fabbrica delle tisane Elephant era stata comprata da Unilever col solo scopo di rubarsi macchinari e marchio e scappare in Polonia: gli operai hanno lottato per tre anni e hanno vinto, mantenendo i macchinari e costringendo la multinazionale a finanziargli la nascita di una cooperativa di produzione di tè e tisane biologiche.

È per questo che siamo più che mai convinti che solo l'unità e la determinazione dei lavoratori può ridurre a più miti consigli la dirigenza; è per questo che siamo al fianco dei lavoratori, dei licenziati e degli interni, nella lotta per garantire i livelli occupazionali e salariali, per i quali la multinazionale ha avuto fior di finanziamenti pubblici.

Scommettiamo che dopo quest'articolo il gusto del gelato vi sembrerà un po' meno dolce, ma vi assicuriamo che siamo pronti, insieme ai lavoratori, a renderlo amarissimo per la multinazionale, i manager e la dirigenza: il cuore di panna è per noi!

Algida  

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