[Saluzzo] Tra lotta e repressione: solidarietà ai lavoratori

Saluzzo è un piccolo paese di provincia. Ricco e tranquillo.  Non abituato ad una presenza massiccia di lavoratori migranti, che accorrono per cercare un lavoro stagionale nei campi dopo aver perso il lavoro nel ciclo produttivo devastato dalla crisi.

Pesche, kiwi, mele di altissima qualità che finiscono in ricchi mercati europei e non solo: poco di quanto prodotto a Saluzzo resta in Italia. Un mercato quest’anno duramente toccato dalla crisi e dalle contro-sanzioni russe, anche se a determinare le condizioni di vita dei lavoratori non è tanto il recente andamento della produzione: è già da 5 anni ormai che i lavoratori sono infatti costretti a vivere in rifugi di fortuna, in baracche o, da due anni, in accampamenti di container gestiti dalla Coldiretti e da quest'anno in tendopoli gestite dalla Caritas. Ennesimo tentativo di risolvere con una gestione emergenziale- manco fossero terremotati!- il semplice problema che, tra disoccupazione dilagante e lavoro  nero, le prestazioni (che potremmo benissimo definire “a chiamata”) svolte da questi lavoratori non li mettono in condizione neppure di pagarsi una casa in affitto.

Così all’improvviso la pacifica Saluzzo si trova percorsa da un corteo spontaneo di protesta: il problema è il  lavoro sottopagato, i diritti non rispettati, la mancanza di un tetto sopra la testa.
Le Istituzioni e le forze dell’Ordine aggrediscono questa reazione di dignità e i successivi tentativi di organizzare una rivendicazione dal basso e collettiva, con la più brutale repressione verso i protagonisti della protesta e con totale indifferenza alle richieste dei lavoratori. Così la Saluzzo benpensante e caritatevole abbandona la pietas verso i “poveri fratelli migranti” e decide per lo scontro aperto, perché finché sei sfruttato ma ti accontenti di un pezzo di pane e una coperta, va tutto bene... ma non si può tollerare che addirittura un migrante, da lavoratore e essere umano, possa pretendere dei diritti elementari come avere una casa dove vivere (e pensare che molti sono i titolari di protezione umanitaria e sussidiaria) e si organizzi in tal senso, magari chiedendo semplicemente un aiuto per stanziarsi sul territorio senza continuare quel continuo girovagare tipico di chi si sposta cercando un lavoro da una parte all’altra d’Italia (con tutto il carico di spersonalizzazione personale e professionale che ne consegue).

Esprimiamo quindi solidarietà ai lavoratori in lotta a Saluzzo e a tutti e tutte i/le militant* che stanno al loro fianco.

Qui una cronistoria dei fatti

 

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