Note dall’assemblea nazionale dei delegati SI Cobas ed ADL Cobas del 27 Luglio

Il coraggio di lottare, la pazienza di infonderlo

Domenica 27 Luglio presso il Laboratorio Crash! di Bologna, si è riunita per la seconda volta l’assemblea nazionale dei delegati SI Cobas e ADL Cobas che nella stragrande maggioranza lavorano nel settore della logistica. Essendo passato più di tre mesi da quella precedente, era forte l’esigenza di un momento di confronto sui risultati delle lotte dell’ultimo periodo, tanto che il primo punto all’ordine del giornorecitava proprio: “valutazione complessiva dei risultati ottenuti in relazione alla vertenza nazionale della logistica”.

Vertenza nazionale per il rinnovo del CCNL trasporto merci e logistica portata avanti congiuntamente dai due sindacati di base sin dai primi mesi del 2013 e che ha ottenuto risultati molto significativi nelle più importanti filiere della logistica, che si aggiungono alle numerose vittorie nei singoli magazzini ed aziende. L’insieme d’interessi padronali, politici e sindacali intaccati dalle mobilitazioni dei facchini e dei solidali ha scatenato però una reazione molto dura ed organizzata da parte della controparte, che di certo non resta a guardare. Anche questa quindi era una delle questioni centrali dell’assemblea, espressa dal secondo punto dell’ODG, “valutazioni sulla controffensiva padronale sia in termini di repressione […] sia in termini di iniziativa politica dei padroni in combutta con i sindacati confederali”.

Rispondere a tutto questo, rilanciare le lotte ed allargarle su altri fronti lavorativi e sociali era inoltre lo scopo di questa assemblea che ha visto la partecipazione di più di 200 persone, per lo più lavoratori direttamente interessanti, ma anche vari solidali.

Difficili ma importanti conquiste

Di risultati le lotte dell’ultimo anno e mezzo ne hanno portati a casa parecchi, ottenendo gran parte della piattaforma rivendicativa. Come raccontava Gianni Boetto dell’ADL: pagamento degli infortuni sin dal primo giorno, rispetto dell’orario di lavoro presente nel contratto, istituti conteggiati sulle ore contrattuali e non lavorative, mantenimento dei posti di lavoro e dell’anzianità accumulata al cambio appalto delle cooperative. Come diceva Fabio Zerbini del SI Cobas, per capire l’impatto delle lotte basta fare un confronto tra le buste paga del 2010 e quelle del 2014 ed un conteggio delle ore di sciopero che ci stanno in mezzo!

La testimonianza più viva di questi risultati era però nelle parole e nell’entusiasmo dei numerosissimi lavoratori e lavoratrici presenti, per lo più immigrati. Dalla TNT di Napoli alla DHL di Milano, passando per Number 1 di Parma, la YOOX e la Granarolo di Bologna, si susseguivano i racconti di battaglie coraggiose, di grandi resistenze per non far passare i licenziamenti e di importanti vittorie, a volte interrotte dalle urla di altri lavoratori che gridavano “avanti sempre!” o “vinceremo!”. Era grandissima, infatti, la commozione di chi ha passato anni subendo le peggiori vessazioni ed il più aspro sfruttamento, cinto com’era dal ricatto della disoccupazione, del permesso di soggiorno, della violenza dei caporali, e che adesso si ritrova “non più pecora, ma uomo” come raccontato da un lavoratore alzatosi in piedi all’improvviso per prendere parola.

Un riscatto operaio che sta scuotendo dalle fondamenta un sistema di sfruttamento imperniato sull’intermediazione di manodopera da parte di cooperative molto spesso infiltrate da capitali mafiosi. Eliminare questa intermediazione, che nei fatti si traduce in un vero e proprio caporalato che permette di aggirare diritti e tutele, è sempre stato uno degli scopi principali delle mobilitazioni dei Cobas. La scossa è stata tale che anche i sindacati confederali, da sempre difensori e promotori del sistema delle cooperative, sono finiti per firmare un accordo con Confetra e FEDIT (organizzazione datoriale che raggruppa i maggiori corrieri come TNT, GLS, ecc) che prevede la sostanziale abolizione della figura del socio lavoratore. Senza neanche un’ora di sciopero, CGIL CISL e UIL hanno quindi firmato un accordo che accoglie una delle principali rivendicazioni di quelle stesse lotte che hanno da sempre trascurato o ostacolato. L’ammissione da parte della ‘triplice’ sindacale e delle aziende della logistica dell’esistenza di un sistema di sfruttamento che hanno sempre negato costituisce sicuramente un tentativo che nasconde al contempo una delle forme della controffensiva che vede uniti padroni, sindacati compiacenti e molte istituzioni.

I padroni non stanno a guardare

Innanzitutto c’è da dire che il prezzo che pagherebbero i lavoratori in cambio di questo ritorno dentro l’azienda del loro contratto d’impiego sarebbe carissimo: totale reperibilità verso l’azienda, aumento della flessibilità, dell’orario di lavoro senza pagare gli straordinari, eliminazione di alcuni istituti contrattuali come parte fissa del salario in cambio di un premio legato alla produttività e altre misure peggiorative concernenti malattia e part-time. Un accordo inaccettabile quindi, che implica la rinuncia alle conquiste sostanziali in nome di un cambio nel nome della casacca che richiama il committente e che è portato avanti con lo scopo esplicito di contenere il “crescendo di conflittualità fuori controllo, con fenomeni di illegalità diffusa, suscettibili di strumentalizzazioni di varia natura”. Perché secondo loro a “strumentalizzare” sarebbero quelli che hanno finora combattuto realmente contro “la degenerazione dello strumento degli appalti” ed il conseguente “peggioramento delle condizioni di lavoro”, cioè i sindacati di base e le compagne ed i compagni solidali.

Una considerazione analoga a quella proveniente dagli apparati repressivi dello Stato, come si può leggere nella relazione annuale presentata al parlamento dai servizi segreti, in cui s’individua nel settore della logistica uno degli “ambiti maggiormente interessati ai tentativi di inserimento e di condizionamento della dialettica sindacale” da parte di “formazioni dell’oltranzismo politico”. D’altronde la convergenza tra organi dello Stato, aziende e sindacali confederali è dimostrata dalle numerose vertenze ancora aperte, in cui questi diversi apparati si muovono congiuntamente per portare avanti strategie antisindacali che vanno dai licenziamenti politici alla legittimazione di questi, fino al mantenimento di distaccamenti di celerini a guardia dei magazzini e alla repressione delle inevitabili proteste dei lavoratori e dei compagni solidali.

Né la cooptazione né la repressione sono bastate o bastano a schiacciare il movimento di lotta nella logistica, ed i padroni lo sanno bene, tanto che all’indomani dell’accordo capestro firmato con i confederali hanno assicurato i Cobas che con loro “avrebbero mantenuto fuori dall’applicazione i magazzini da loro controllati”. Il fatto che però non possano attaccare subito non significa che, come ha detto Aldo Milani del SI Cobas, non aspettino di trovare la debolezza giusta per colpire, mentre intanto attraverso ristrutturazioni, cambio nella forma di proprietà (come ad esempio l’uso delle SRL al posto delle cooperative), cambiano il terreno di gioco su cui i lavoratori hanno costruito le loro vittorie.

Si tratta allora di organizzarsi di conseguenza.

Fare nostro il metodo del nemico

“L’organizzazione deve crescere perché lo impongono le esigenze”, così ha esordito un lavoratore africano della DHL di Milano tra gli applausi dei suoi colleghi e delle sue colleghe, sintetizzando una questione emersa più volte e trasversalmente ai diversi interventi. Perché se i padroni hanno le prigioni, i ricatti, i licenziamenti, la corruzione… allora adagiarsi sui risultati ottenuti in virtù di una spinta propulsiva che rischia di scemare proprio perché le condizioni economiche sono migliorate, potrebbe far riguadagnare terreno alla controparte al punto da mettere in discussione nuovamente questi stessi risultati. I padroni non vogliono altro che riprendersi quanto tolto più interessi.

Per quanto la discussione su cosa mettere concretamente in campo sia stata fondamentalmente rimandata al 21 Settembre, data in cui è stata convocata un’altra assemblea nazionale (da tenere questa volta in diverse città collegate in videoconferenza), non sono mancate una serie di proposte operative: stante la necessità di gestire in maniera maggiormente centralizzata i diversi attacchi che si stanno subendo, si è parlato di costruire un coordinamento tra i diversi licenziati di modo che possano rafforzarsi vicendevolmente e costituire un’unica voce, insieme a coordinamenti territoriali nelle città in cui si è forti e in cui si può contare sul sostegno di altre organizzazioni. Particolarmente importante sarebbe inoltre un coordinamento tra i lavoratori di diverse città ma della stessa azienda (come TNT) di modo da rafforzare le situazioni più deboli e di far sì che “quando il padrone si muove, si muove tutto il territorio nazionale”, come detto da Guglielmo del SI Cobas di Roma.

L’intenzione è però di non rimanere isolati nel settore della logistica, ma di generalizzare (parola ricorrente negli interventi) il fronte di lotta, rivolgendosi a chi si batte per avere un tetto sopra la testa, a chi si muove contro le nocività ambientali, a tutti quelli che stanno pagando il conto di questa crisi economica, nell’ottica di partire da questo settore di classe per affrontare gli obbiettivi della classe tutta. Con questo stesso spirito ricompositivo è intervenuto anche Federico Giusti del COBAS Lavoro Privato, citando l’impegno che stanno portando avanti in Toscana tanto nel fronte della logistica quanto in altri in cui è diverso l’inquadramento contrattuale ma stesso lo sfruttamento. Anche la causa palestinese è stata citata, suscitando un’esplosione di applausi, ed è stato inoltre detto che un eventuale sciopero nazionale della logistica debba intrecciarsi con ciò che il movimento chiama sciopero “metropolitano” di Ottobre. D’altronde se il fronte padronale agisce su diversi livelli, noi dobbiamo “fare nostro il suo metodo” e rispondere in maniera altrettanto complessiva, come ha detto lo stesso lavoratore DHL.

D’altra parte solo il giorno prima, Sabato 26 Luglio, si era tenuta la giornata internazionale di supporto ai facchini licenziati dall’Ikea di Piacenza, con 12 città mobilitate in Italia ed altre 4 nel resto Europa (Amburgo, Berlino, Cordoba, Vienna), che tra picchetti, volantinaggi e cortei, hanno provato a scalfire il blocco granitico di interessi coagulato attorno al “Partito Ikea”. Un risultato importante che ha però visto ancora una volta una controparte compatta nel criminalizzare le iniziative e nel chiudere ogni margine di trattativa.

Come più volte ripetuto però dai numerosi facchini presenti, su questo fronte come sugli altri fronti non si tratta che dell’inizio, perché “chi ha il coraggio di lottare ha il dovere di infonderlo con pazienza anche a chi non ce l’ha”, come ha tuonato il lavoratore DHL già spesso citato.

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