[Bergamo] I facchini della Co.Ma.Ri irrompono nell’assemblea dei soci

[da bgreport.org] Lo Spaccio carni di Celadina è gestito dalla Cooperativa Co.Ma.Ri. e riunisce una cooperativa di macellatori che nel tempo si è ingrandita, estendendo la sua attività alla logistica integrata. Da alcuni anni la Cooperativa ha dichiarato la crisi denunciando un calo di commesse per fare ricorso alla cassa integrazione. Domenica 25 maggio diverse decine di facchini della Co.Ma.Ri. si sono presentati all’assemblea dei soci per chiedere spiegazioni sulla situazione della Cooperativa. I facchini si sono presentati determinati a voler capire di cosa si stava parlando e fermamente decisi ad aprire l’assemblea agli attivisti del sindacato di base Flaica-CUB con il quale si sono organizzati.

All’ordine del giorno della riunione erano stati fissati argomenti importanti: in primis la dichiarazione dello stato di crisi, che ha l’effetto di scaricare sui lavoratori i costi del calo del lavoro causando loro perdite salariali anche consistenti. Si tratta di una decisione votata anche in passato nell’assemblea dei soci, ma prima di oggi la gran parte dei lavoratori non si era mai presentata alle assemblee. L’assemblea dei soci voleva indebitamente nominare i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, ma i delegati sindacali presenti hanno ribadito che la scelta spetta  ai lavoratori.

Al momento dell’apertura dell’assemblea, i vertici della Cooperativa hanno quindi fatto subito marcia indietro, hanno chiamato la polizia e dichiarato chiusa l’assemblea, con la scusa che si erano presentati alcuni “esterni”. L’assemblea viene alla fine rimandata.

I facchini hanno anche fatto presente che nonostante il ricorso alla cassa, la Cooperativa assumeva altri operai anziché dividere il lavoro tra chi era già assunto. Segnalazioni che evidenziano pratiche scorrette sia perché non è possibile fare nuove assunzioni quando si prende la cassa integrazione sia perché deve essere applicata per legge la rotazione per aver accesso alla cassa, che è pagata con i soldi di  tutti i contribuenti. Molti lavoratori della Co.Ma.Ri. guadagnano ormai poche centinaia di euro al mese, altri non hanno visto lo stipendio per diversi mesi. Si tratta spesso di donne e dei lavoratori più anziani che, dopo molti anni di lavoro con la Co.Ma.Ri. (in alcuni casi anche 20)  sono oggi costretti ad accettare qualsiasi lavoro, anche solo per un giorno o due, per poi tornare a casa senza fare niente per altre settimane.

Sono mesi che i lavoratori, tramite il sindacato, cercano di raggiungere con la Co.Ma.Ri. un accordo scritto che garantisca che il lavoro venga suddiviso equamente tra tutti i lavoratori e che nessuno sia costretto a rimanere a casa a zero ore. Richieste che la Cooperativa non ha nemmeno preso in considerazione, rifiutandosi di rispondere.

Eppure il lavoro sembra non mancare: oggi la Co.Ma.Ri. conta più di 200 soci lavoratori tra facchini, mulettisti e operai a vario titolo e lavora per marchi importanti del territorio della provincia. La Co.Ma.Ri gestisce interi reparti o servizi esternalizzati presso ditte in buono stato di salute nonostante la crisi e dal fatturato milionario. Ne è un esempio la Farmol di Comun Nuovo di proprietà della famiglia Innocenti: specializzata in prodotti di largo consumo per la cura della persona, produce per conto di grandi multinazionali come Unilever, Procter & Gamble, Henkel e Colgate. La Farmol ha un fatturato, in crescita, che ammonta a 45 milioni di euro l’anno e ha recentemente ricevuto un finanziamento di 11 milioni dal Fondo italiano per l’investimento (MEF; Cassa depositi e prestiti; Confindustria e le principali banche italiane).

Un altro esempio è la Gio Style di Urgnano che produce accessori in plastica per la casa, controllata da Co.Ge.Fin. e di proprietà della famiglia Colombo, gruppo leader italiano e terzo produttore europeo di ossido di zinco. Ottimo stato di salute anche per la Colpack di Mornico al Serio, azienda plastica leader nella produzione dei sacchetti della differenziata . L’azienda di Giuseppe Colleoni dichiarava nel 2010 un fatturato, in crescita, di 44 milioni di euro.

La Cooperativa Co.Ma.Ri. mantiene in definitiva appalti presso aziende che fanno affari d’oro. I lavoratori denuncuiacno che di fatto Co.Ma.Ri. mantenga un sistema che si basa sulla massima ricattabilità dei suoi lavoratori. Chi obbedisce al capocantiere e ai vertici della Cooperativa, chi lavora di più con turni massacranti senza fiatare può continuare a lavorare. Una sorta di sistema di “capolarato organizzato”, dove il padrone però assume la faccia solidale e bonaria di una Cooperativa e non quella rigida di una multinazionale del settore della plastica o della chimica. Un modello non molto diverso da un regime di schiavitù, in cui chi subisce ha un unico e beffardo diritto: quello di essere chiamato “socio”.

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