[Bologna] Cambia il vento! Il 1° Marzo dei migranti è un'occasione per tutti

Il 1 marzo è diventato da alcuni anni un appuntamento fisso lanciato dalle organizzazioni e dai movimenti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti. In questa giornata convergono le rivendicazioni di chi subisce sulla propria pelle il doppio ricatto di dover lavorare a condizioni sempre più schiaviste per sopravvivere, e di sapere di dipendere da un contratto di lavoro per poter soggiornare in Italia. Lavoratori e lavoratrici immigrati che devono ogni anno pagare la colpa di essere nati fuori da dei confini che li includono solo nella misura in cui essi possano produrre profitto col proprio lavoro, profitto di cui ovviamente si appropria chi questo loro lavoro sfrutta.

Lavoratori che si vuole rimangano nell'ombra, chini a ringraziare di essere tollerati, costretti a portare il marchio di un razzismo che non solo è latente in ogni aspetto della vita di tutti i giorni ma che è sostenuto e riprodotto istituzionalmente istituzionalmente proprio a causa di queste discriminazioni legislative nei loro confronti, che non fanno altro che statuire la loro presunta "diversità" e subalternità. Ma sappiamo che da Lampedusa alle grandi metropoli produttive, dai profughi in mare all'attacco nelle fabbriche, la realtà quotidiana di migliaia di lavoratrici e lavoratori immigrati e italiani è fatta in realtà della stessa violenza e dello stesso sfruttamento.
Laddove la crisi chiama a sempre più duri sacrifici, i ricatti dei padroni dalla perdita del posto di lavoro a quello del permesso di soggiorno servono un unico dispotismo: quello del capitale.
Il 1 marzo scenderanno in piazza anche i lavoratori della logistica, coinvolti nelle lotte che hanno investito questo settore negli ultimi tempi, per unire appunto ciò che questo dispotismo vuole separato e disgregato: questi lavoratori ci hanno dimostrato che tutto ciò può non essere il nostro destino: superando divisioni linguistiche e nazionali, andando oltre le giungle contrattuali e le intimidazioni di capetti e caporali, sono riusciti a strappare migliori condizioni di vita e di lavoro per loro stessi e i loro colleghi. Hanno costruito una solidarietà che da Piacenza a Napoli, da Roma a Basiano, ha fatto breccia sul torbido mondo delle cooperative – vere e “spurie”, mafiose e “rosse” –, che appaltano la manodopera a colossi multinazionali come IKEA, TNT, GLS, ecc.

Lavoratori per lo più immigrati, minacciati con un doppio giogo, ostacolati nell'accesso al servizio sanitario e sempre a rischio di finire in quei lager a cielo aperto chiamati CIE, pur non avendo commesso alcun reato.
Il sostegno di altri lavoratori e lavoratrici, compagni e compagne dei movimenti e delle assemblee di supporto; l'unità con lavoratori e lavoratrici di altri magazzini sempre pronti a scioperare per rafforzare le vertenze dei propri colleghi anche distanti; l'appoggio ed il lavoro di sindacati di base sono riusciti a trasformare il sogno dei padroni in un incubo. Credevano che esternalizzare la produzione, subappaltare alle cooperative, sfruttare le divisioni nazionali e di cittadinanza, rendesse impossibile qualsiasi unità tra i lavoratori. Si sono invece trovati di fronte a lotte su tutto il territorio nazionale, in grado di unire le vertenze più diverse ed i movimenti più distanti.

Per questo la voce dei facchini e dei fattorini, dei lavoratori immigrati ed italiani, è la nostra voce. La voce del nostro sogno: solo uniti potremo rompere il ricatto della nostra miseria.

Per l'abolizione della Bossi-Fini, per la chiusura di tutti i CIE, per l'autorganizzazione di lavoratori e lavoratrici, l'appello del Coordinamento Migranti di Bologna è alla partecipazione alla manifestazione che si terrà sabato 1 marzo:

SU LA TESTA! IL PRIMO MARZO DEI MIGRANTI È UN’OCCASIONE PER TUTTI!
da coordinamentomigranti.org

Il prossimo primo marzo torneremo in piazza. Lo facciamo dopo la tragedia politica del 3 ottobre 2013, quando la morte di centinaia di uomini, donne e bambini nel mare di Lampedusa ha reso evidente la spietatezza del regime europeo dei confini. Lo facciamo dopo la cosiddetta «emergenza profughi», che ha dimostrato che ogni regime «di emergenza» serve a costringere a una «normale» subordinazione e al silenzio chi cerca una vita migliore. Lo facciamo sapendo che i migranti non devono essere considerati solo come vittime che muoiono in mare o alle quali dare assistenza, ma sono una parte delle nostre società capace di lottare in solidarietà, prendendo possesso della loro vita, reinventando la democrazia. In Europa, in Italia e in particolare a Bologna i migranti hanno lottato con determinazione: per noi antirazzismo significa lottare con loro per affermare la possibilità di vivere, studiare, lavorare e muoversi in Europa come nel resto del mondo.
Questa lotta è oggi tanto più urgente quanto più l’austerità intensifica la precarietà e il razzismo istituzionale. La crisi economica e la sua gestione politica, a livello europeo e nazionale, hanno determinato l’impoverimento del lavoro, la riduzione del reddito, difficoltà abitative per tutti. Per i migranti, la crisi ha però aumentato le possibilità di perdere il permesso di soggiorno, essere rinchiusi nei CIE, perdere i contributi versati in anni di lavoro, scontrarsi mortalmente con il regime dei confini. Il recente referendum svizzero e il crescente razzismo inter-europeo sono effetti di queste politiche e del razzismo istituzionale che le sostiene. Si tratta di meccanismi di discriminazione e dispositivi di sfruttamento che non colpiscono solo i migranti, ma coinvolgono fasce sociali sempre più ampie e puntano a restringere ulteriormente l’accesso a reddito e diritti.
Il primo marzo del 2010, a Bologna e molte altre città d’Italia, centinaia di lavoratori e lavoratrici, migranti e italiani, hanno scioperato contro la legge Bossi-Fini. Lo hanno fatto nonostante l’opposizione di chi ha sostenuto che lo sciopero dei migranti è uno «sciopero etnico» e che oggi si schiera ancora dalla parte dei padroni. Questa lotta è andata avanti: con la battaglia ancora aperta dei lavoratori della Granarolo, con gli scioperi nei magazzini della logistica contro il sistema di sfruttamento delle cooperative, i migranti hanno dimostrato che il ricatto del permesso di soggiorno e del salario e la complicità delle istituzioni con il sistema che li sfrutta non sono sufficienti a fermarli. Dai posti di lavoro alle piazze i migranti hanno detto no alla precarietà dell’esistenza alimentata dal razzismo istituzionale: hanno rifiutato le discriminazioni nell’accesso alla salute, si sono opposti ai respingimenti scolastici e alle classi separate, hanno preteso il loro diritto d’asilo. Dai posti di lavoro alle piazze il primo marzo i migranti ripeteranno a gran voce che nessun CIE dovrà essere riaperto in Emilia Romagna e che tutti i centri di detenzione – a partire da quello di Ponte Galeria – devono essere chiusi per sempre.

Ostinatamente, in questi anni, migranti e italiani, precarie e operai, hanno realizzato pratiche di lotta che mandano un messaggio chiaro a tutti: alzare la testa contro sfruttamento, precarietà e razzismo istituzionale è necessario, alzare la testa è possibile! Il primo marzo tutte le realtà di Bologna e provincia sono invitate a raccogliere questo messaggio: per reinventare la solidarietà, per il diritto ad una vita degna per tutti/e, per stare dalla parte dei migranti senza ambiguità, dando spazio e visibilità alle loro lotte e alle loro rivendicazioni.

PRIMO MARZO 2014 – ORE 15.00, Piazza dell’Unità – Bologna

•    per la rottura del legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno
•    per la chiusura definitiva di tutti i centri di identificazione ed espulsione
•    per la cittadinanza per tutti i figli e le figlie dei migranti nati e cresciuti in Italia
•    per una legge sul diritto d’asilo che tuteli realmente richiedenti e rifugiati
•    per un accesso universale alle cure sanitarie e all’istruzione

CONTRO IL RAZZISMO ISTITUZIONALE CHE ALIMENTA SFRUTTAMENTO E PRECARIETÀ, SU LA TESTA!

- La rassegna stampa
- Il comunicato di OTM con annesso video della canzone 'Primo marzo'
- Il comunicato di Lavoro Insubordinato (in fondo ai comunicati)

Rete Camere Popolari del Lavoro