[Fiumicino] Sciopero nel settore aereo contro licenziamenti e tagli salariali

Più di cinquanta lavoratori e lavoratrici hanno manifestato venerdì 22 presso l'aeroporto di Roma Fiumicino, in occasione dello sciopero indetto dalla CUB Trasporti. Se lo sciopero ha provocato solo "pochi disagi" –che pur ci son stati– come scrive il Corriere della Sera, è anche perché i sindacati confederali l'hanno revocato all'ultimo momento dopo averlo paventato nei giorni passati.

E' con coraggio e determinazione allora che questi lavoratori e lavoratrici sono scesi in sciopero contro la precarietà dilagante e "l'incivile erosione delle tutele della salute e sicurezza dei lavoratori" e per un investimento pubblico in un settore che, al di là di molti luoghi comuni, non è affatto in crisi. O meglio in cui la crisi rappresenta solo lo strumento con cui i padroni ricattano i lavoratori per scaricare su di loro i costi della concorrenza.

Uno di questi, Del Torchio, a.d. di Alitalia, ha in programma un piano che i lavoratori definiscono la "spremitura Del Torchio". Un piano in continuità con tutti i piani degli ultimi anni, prima e dopo il cosiddetto "salvataggio" della cordata italiana che ha privatizzato la compagnia nel 2008, e che pretende di rilanciare l'azienda licenziando, tagliando stipendi, peggiorando le condizioni di lavoro. Tutto questo con il consenso dei sindacati confederali che si sono limitati al ruolo di tappabuchi e dispensatori di clientele, come dimostra anche il fatto di aver appunto revocato lo sciopero solo per ottenere una proroga del fondo speciale del trasporto aereo istituito dal Ministero delle Infrastrutture. Un fondo che consiste semplicemente in un'elemosina da destinare agli "ammortizzatori sociali", che rappresentano sempre più una risorsa attraverso cui le aziende "attingono per finanziare le ristrutturazioni nonostante la crisi non esista", calmierando così la protesta dei lavoratori.

La CUB sostiene che la nazionalizzazione sia l'unica soluzione al problema, puntando così dritto al cuore di una delle questioni più scottanti e che stanno decidendo della vita di migliaia di lavoratori e lavoratrici nel paese: il nodo delle privatizzazioni, attorno a cui infiammano le proteste di Genova, le lotte dei lavoratori di Fincantieri, le vertenze alla Telecom, ecc. e che vengono presentate come medicina necessaria per i mali finanziari del Paese.
In ogni caso quello che è certo è che non si può perseguire nessun benessere generale passando sopra i corpi dei lavoratori e imponendogli ulteriori sacrifici.

E' anche per questo che ripubblichiamo l'intervista curata dai compagni della redazione romana di "il Pane e le Rose" ad Antonio Amoroso della CUB Trasporti, che restituisce bene le strategie con cui negli ultimi anni i padroni siano riusciti a soddisfare la loro avidità di profitti, calpestando la dignità e qualità della vita di migliaia di lavoratori, che però non stanno a guardare.

Una cronaca dello sciopero
Le rivendicazioni della CUB
La "spremuta Del Torchio" secondo la CUB

Di seguito l'intervista a Antonio Amoroso (Cub Trasporti): perché confermiamo lo sciopero del 22 novembre

Come volevasi dimostrare, i sindacati confederali hanno revocato lo sciopero del trasporto aereo previsto per domani. La Cub Trasporti, invece, lo ha confermato, prevedendo anche lo svolgimento di manifestazioni in diversi aeroporti, tra le quali una (ore 10.00) all’aeroporto di Fiumicino. Spiegandoci le ragioni di questa scelta, Antonio Amoroso non si limita a puntare l’indice contro quelle organizzazioni sindacali che continuano a non difendere i lavoratori, ma allarga il discorso, aggiornandoci sulle ultime vicende Alitalia e smentendo luoghi comuni sin troppo diffusi, a partire da quello concernente la "crisi nera" del settore in questione in Italia.

La Cub Trasporti ha confermato lo sciopero generale dei trasporti aerei convocato per domani e riguardante tutte le categorie dei lavoratori aeroportuali (vettori, handling, indotto..). La CGIL, invece, dopo essersi mossa su un doppio binario, convocando lo sciopero ma partecipando anche a tavoli istituzionali come quello convocato il 6 novembre, lo ha revocato. Come valuti questo atteggiamento?
La Cgil del comparto aereo è assolutamente omogenea a Cisl e Uil. Ritengo che la proclamazione dello sciopero del 22.11.2013 per la Cgil, come per la Uil, la Cisl e l’Ugl, sia solo stata funzionale alla convocazione del tavolo al ministero dei trasporti sull’assetto del comparto o al più allo “sblocco”, in relazione alla questione degli ammortizzatori sociali, del Fondo Speciale del Trasporto Aereo. Fin dal primo momento la Cgil ha proclamato lo sciopero sapendo di revocarlo. Questa o.s. non ha alcuna intenzione di disturbare il manovratore e di impegnarsi in una vertenza che andrebbe riscritta dall’inizio. Sono ormai più di 10 anni che la cgil lascia passare le politiche di privatizzazione e deregulation del comparto aereo. Ancor meno la Cgil si è opposta alle ricadute sui lavoratori delle suddette politiche. Siamo al paradosso per cui le oo.ss. confederali sono alla costante ricerca di una concertazione ormai ampliamente superata a destra dai padroni. In realtà da parte della Cgil si assiste alla assoluta condivisione dei piani di impresa delle maggiori aziende del comparto (Alitalia, AdR, Sea, ecc), limitandosi a gestire ambiti e questioni di nessun spessore e orizzonte. Il quadro dirigente della Cgil del settore del Trasporto Aereo sembra privo di una capacità di analisi e di elaborazione alternativa alle scelte padronali. Neppure nel 2008, in occasione della privatizzazione di Alitalia - con il suo carico di 10.000 licenziamenti, tagli salariali, frantumazione del contratto delle gestioni aeroportuali, peggioramenti normativi e al contempo, aumento della precarietà - la Cgil è riuscita a mettere in campo una sola ora di sciopero o una sola ora di assemblea generale. Figuriamoci oggi. Si limiterà ad accompagnare l’applicazione di ulteriori ammortizzatori per Alitalia e per le numerose società di gestione che battono cassa. La crisi non esiste nel T.A. italiano. Gli indici di traffico passeggeri e merci aumentano. C’è solo una leggera flessione degli incrementi nel 2012 ma il mercato è ricco e sono in molti a volerci mettere le mani sopra. Ora però, per sostenere la concorrenza si pensa solo a contenere il costo del lavoro. Nel silenzio del sindacalismo confederale e, purtroppo, di molte altre sigle che aspirano solo ad “esserci” e non ad incidere.

Poiché hai accennato alla situazione di Alitalia dopo la privatizzazione, a noi interesserebbe un tuo rapido bilancio della vicenda del cosiddetto “salvataggio” della vecchia compagnia di Bandiera italica, con la nascita - artefici gli imprenditori “patriottici” - di Alitalia-CAI…
Il bilancio è disastroso. La “nuova” Alitalia in proporzione è riuscita ad accumulare più debiti della ex-Compagnia di Bandiera. Le promesse di rilancio sono tutte miseramente fallite. Amministratore Delegato-dopo-Amministratore Delegato (Sabelli, Ragnetti, Del Torchio) abbiamo assistito ad un costante alleggerimento degli organici. Tutti si sono limitati a prendere atto che i conti non tornavano ed hanno chiesto sacrifici ai lavoratori. Sull’altare sacrificale dal 2008 ad oggi, Cai ha immolato oltre 1500 posti di lavoro, con l’avallo di Cgil-Cisl-Uil e Ugl. A Colaninno e company non è bastato lasciare a casa 10.000 lavoratori della vecchia Alitalia. La mattanza è proseguita e al momento già sono 950 i cassintegrati a zero ore, e in molti settori si applica a rotazione la solidarietà per un taglio totale di ulteriori 600 lavoratori. In realtà il costo del lavoro non è mai stato il problema di Alitalia. Basti pensare che addirittura prima dei tagli del 2005 il peso del costo del lavoro rispetto al fatturato di Alitalia era del 3-4% più basso di quello dei principali competitor europei (Air France, Lufthansa e British) . All’epoca per una flotta che era la metà esatta di quella Air France il personale Alitalia era 4 volte di meno. Successivamente il costo è progressivamente diminuito. Soprattutto quello del personale di terra. Con la privatizzazione i dipendenti Cai hanno subito una ulteriore sforbiciata del 7-8%. Eppure le cose non sono andate bene per la “nuova” Alitalia. Oggi, persino Colaninno deve ammettere che il problema non sono i costi ma la “consistenza”, la grandezza della compagnia. Cai è ormai un vettore poco più che nazionale ed è destinato a svolgere traffico ancillare rispetto ad uno dei principali competitor europei, con ogni probabilità ad Air France, anche se al momento i transalpini sembrerebbero intenzionati ad abbandonare l’affare: una tattica per riuscire ad ottenere la ristrutturazione del debito e prendersi il mercato italiano a due soldi. D’altra parte che il destino di Alitalia fosse segnato lo abbiamo capito fin dal 2000, quando l’allora commissario europeo ai trasporti, Loyola De Palacio, sentenziò che in Europa sarebbe rimasti 3 vettori “globali”, Air France, British e Lufthansa (i tre vettori di riferimento dei paesi di serie A dell’UE), mentre gli altri avrebbero svolto solo traffico ancillare a queste compagnie. Un disegno che è stato assecondato dai Governi che si sono succeduti. Durante il Ministero Marzano, in un incontro ottenuto a seguito di una manifestazione dei lavoratori informatici dell’Alitalia, in lotta contro un tentativo di esternalizzazione delle attività dell’IT AZ, un funzionario del dicastero delle attività produttive, raccogliendo la nostra provocazione in merito ad uno scambio con i francesi tra il controllo del trasporto aereo italiano e qualche misera commessa nei cantieri dell’alta velocità in favore dell’azienda del figlio di Lunardi, replicò che, purtroppo, non c’era alcuno scambio in atto e che al contrario la nostra compagnia l’avremmo regalata ai francesi. Siamo all’epilogo di quella “profezia”, il cui esito era già chiaro nel 2003 e diventò lampante all’epoca del Governo Berlusconi quando l’allora primo ministro sentenziò il 1° maggio del 2005 che in Alitalia lavorava il doppio del personale necessario.: un monito che si concretizzò con Berlusconi stesso nel 2008, dopo essere passati per Prodi che, nonostante le promesse di rilancio della compagnia, bollì Alitalia sul fuoco di una ridicola asta in cui non si concretizzò nulla, salvo l’arrivo della “cordata italiana” sponsorizzata dal Cavaliere.

Puoi tornare più diffusamente sulla tattica attuale di Air France?
Air France sta alla finestra. Sa benissimo che presto o tardi metterà le mani su Alitalia. D’altra parte fin dalla sbandierata operazione “patriottica” di Cai, i francesi sono stati il principale azionista. Hanno già predisposto il passaggio di quanto resta della ex-Compagnia di Bandiera nelle loro mani: un destino che credo sia ormai inevitabile, stante l’indisponibilità della politica italiana a rilanciare il settore e a nazionalizzare la compagnia. Attualmente assistiamo solo a schermaglie ma il Piano di Del Torchio, al netto della mancata ristrutturazione del debito, ha ricevuto il plauso dei transalpini: l’ulteriore piano di esuberi è funzionale ad un ridimensionamento di Alitalia ovvero ad un passaggio che tarperà alla radice qualsiasi velleità futura di esercitare un ruolo significativo nella spartizione del trasporto aereo europeo e occidentale. Per i francesi Alitalia deve essere una navetta che trasporterà in Francia i passeggeri, che da lì, attraverso l’hub di Parigi e/o Lione, potranno raggiungere le mete più lontane. Non ne fanno un mistero. Il fatto è che il Governo non si oppone a tutto ciò. Basti pensare che nipote-Letta, quando zio-Letta sponsorizzava il ridimensionamento attraverso il passaggio di Alitalia nelle mani della cordata italiana, da responsabile economico della Margherita, vedeva per la ex-Compagnia “risanata” un futuro da vettore nazionale: un bel traguardo per una compagnia che aveva avuto aspirazioni da vettore globale ed uno spazio consolidato da vettore regionale! Insomma il ridimensionamento, il diktat europeo non sono in discussione. Il Governo dovrebbe intervenire in maniera molto consistente per risanare la compagnia e l’intero trasporto. Le politiche di privatizzazione hanno miseramente fallito. Stiamo peggio di prima. Noi pensiamo che, dopo un’adeguata ristrutturazione, l’Alitalia dovrebbe riaprire il confronto con i francesi, configurando per sé un ruolo diverso riteniamo pure che, per via politica, si dovrebbe ottenere che non siano solo le logiche delle sinergie industriali a trionfare, peraltro scaricando sui lavoratori italiani il costo del processo. Le manutenzioni sono delocalizzate. L’informatica è in corso di “migrazione” oltralpe. Le attività di handling usciranno dal controllo della compagnia. Ecco, tutto questo andrebbe fermato. Urgono investimenti per rilanciare le manutenzioni az, uno dei poli tecnologici più avanzati dell’Italia centro-meridionale fino a qualche tempo fa. Ormai la gloriosa divisione manutenzioni dell’Alitalia, fiore all’occhiello del nostro vettore, si è ridotta a un simulacro di quel che era in passato. Anche per l’informatica, fatte le debite proporzioni, la situazione è la stessa. Servirebbe uno scatto di reni ma i francesi sanno bene che l’Italia non lo farà e prenderanno l’Alitalia quando i tempi saranno maturi e più vantaggiosi. D’altra parte anche nel 2008 i francesi ci hanno insegnato come procedono. Il piano era lo stesso di adesso: prendere il mercato italiano con il minor impegno possibile. La storia che l’offerta sia stata rifiutata è una storiella da rotocalco. La verità fu che Spinetta chiese da subito 3.500 esuberi, e 10.000 lavoratori da mettere in un contenitore “controllato”, destinato allo svuotamento. Al primo mal di pancia del sindacato si alzò e tornò in Francia, aspettando tempi migliori. Oggi i francesi si sono riaffacciati e hanno ancora capito che devono aspettare solo un altro po’ e poi… la pera sarà matura. La vulgata per cui Spinetta scappa per una vera e propria levata di scudi dei sindacati non regge. Sono gli stessi sindacati che 1 anno dopo firmeranno, appunto, la disfatta della categoria senza tentare neppure di reagire: non una sola ora di sciopero, non una sola ora di assemblea generale. Il sindacato ha accompagnato il disegno della politica e questa ha risposto ai disegni dei potentati economici internazionali.

Un altro settore che appariva dismesso, cioè la Verniciatura degli Aeromobili, è stato di recente riaperto a Fiumicino in modalità particolari, che vi hanno spinto a fare un Esposto alla Procura della Repubblica. Ci puoi spiegare la questione?
E’ la ciliegina sulla torta. L’hangar della sverniciatura/verniciatura degli aeromobili è stato chiuso da circa un decennio. Ci lavoravano circa 150 tecnici Az. La struttura era all’avanguardia. Ma le politiche di ridimensionamento dell’Alitalia, portarono la verniciatura in Turchia e in Irlanda, con buona pace degli operai progressivamente smaltiti con la cigs e mobilità. Qualche giorno fa l’hangar ha riaperto i battenti. A lavorarci abbiamo scoperto che erano stati chiamati dei lavoratori dell’Europa dell’est, presumibilmente bulgari, alle dipendenze dell’Eirtech Aviation, una società irlandese; li abbiamo visti lavorare senza alcuna protezione e presidio a tutela della salute e sicurezza. Invece delle maschere isolanti e delle tute che usavano i tecnici Alitalia, indossavano solo magliette e una semplice mascherina copri naso-bocca, di quelle usa e getta. Abbiamo dato l’allarme. Inizialmente l’hangar è stato chiuso. Erano evidenti, d’altra parte, le insufficienti dotazioni. Peraltro abbiamo dubbi sul funzionamento degli impianti di aereazione. I materiali maneggiati sono altamente nocivi ma questo sembra non essere bastato per attivare le necessarie precauzioni. I lavoratori, comunque, li abbiamo visti alle prese con un aeromobile dell’AirOne. Al momento non sappiamo cosa sia successo. L’hangar ha riaperto e i lavoratori bulgari sono di nuovo all’opera. Le porte sono rigorosamente chiuse e non si riesce a capire se un intervento di verifica sia stato fatto, quali risultati abbia registrato e quali disposizioni siano state impartite. La procura della repubblica di Civitavecchia, la Asl di Ostia e di Roma-Portuense, l’ispettorato del lavoro e l’Enac seppur sollecitati ad intervenire non hanno fornito alcun riscontro alla Cub. Gli altri sindacati? In silenzio. Abbiamo saputo che stanno consigliando ai lavoratori italiani, ex-verniciatori, di presentar domanda all’Eirtech. Sul piano politico e rivendicativo non hanno mosso una foglia.

Parliamo ora del settore Handling (assistenza a terra). L’11 novembre CGIL- CISL- UIL e UGL hanno concordato una serie di incontri, in “commissione ristretta”, con l’associazione datoriale Assohandler, in alcune date successive allo sciopero del 22. Quale è la Vostra posizione al riguardo?
Intanto, va detto che Cgil-Cisl-Uil-Ugl stanno incontrando Assohandler per definire il rinnovo del CCNL scaduto da oltre 2 anni. I lavoratori non ne sanno nulla. Non conoscono la piattaforma sindacale e non hanno idea delle pretese datoriali. Cgil-Cisl-Uil-Ugl hanno solo propagandato che stanno lavorando alla riunificazione del contratto di settore. Apparentemente il loro ripensamento, dopo che dagli inizi degli anni ‘80 hanno lavorato sistematicamente alla frammentazione contrattuale, sembrerebbe condivisibile. In realtà l’unificazione contrattuale è stata intesa nel senso della stesura di una parte introduttiva comune ai vari comparti del settore (società di handling, società di gestione aeroportuale, società di catering, vettori), però con uno “spacchettamento” in varie sezioni separate delle parti più significative del contratto. Insomma, l’unità della categoria quale precondizione essenziale per muovere alla riconquista dei diritti e dei salari “perduti” non sembra un obiettivo centrale dell’azione sindacale. Non si va oltre l’annuncio di facciata. Ora si procede con gli incontri con Assohandler. Poi si vedrà. Intanto i salari restano inchiodati e non recuperano il terreno perduto da oltre 2 anni. Anzi al contrario. C’è un denominatore comune che lega le pretese padronali nelle vertenze in atto nel comparto dell’handling (e dell’Alitalia): tutte le società battono cassa pretendendo un taglio del 20% del salario. Alla faccia del terreno da riconquistare. La concorrenza, d’altra parte, non si fa sulla qualità del servizio ma solo sulla compressione dei costi di esercizio, partendo proprio dal costo del lavoro. Penso che anche in questa trattativa la volontà padronale sarà esaudita. Senza mettere alcuna iniziativa conflittuale in campo il destino è più che segnato: anche per questo abbiamo confermato lo sciopero di domani.

Peraltro, per una crudele ironia del destino, la data dell'11 novembre coincideva proprio con il primo anniversario di una tragedia: la morte di un lavoratore dell’handling avvenuta a Fiumicino l’11/11/2012. E’ cambiato qualcosa nelle condizioni di sicurezza dei lavoratori di questo settore? E quali sono le vostre rivendicazioni in proposito?
Sono centrali, nella nostra piattaforma, le rivendicazioni relative al miglioramento delle tutele della sicurezza e salute dei lavoratori. La morte del nostro collega è stato l’episodio più tragico di una serie ininterrotta di eventi che, solo per un soffio, non si sono conclusi con altri lutti per la categoria. Il risparmio sistematico messo in atto dalle aziende, tagliando i livelli di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori , è uno dei fatti più odiosi che si stanno reiterando negli aeroporti italiani. Il tasso di incidenti e malattie professionali (ernie del disco, problemi alle ginocchia, alle spalle, ecc) è estremamente elevato ma abbiamo la sensazione che la situazione stia drasticamente deteriorandosi. Abbiamo più volte richiesto all’Enac di esercitare i controlli ma crediamo che sia moltissima la strada da fare in tal senso. Anche in questo caso però la categoria sconta l’assoluta compatibilità del sindacato confederale, soprattutto di Cisl, Uil ed Ugl, con le scelte al ribasso dei padroni.

A cura de Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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