[Egitto] I Fratelli Musulmani all'attacco dei lavoratori. Il futuro resta incerto

Abbiamo già più volte volto il nostro sguardo a ciò che sta accadendo in Egitto. Ci pare infatti che lì si sia aperto un fronte di assoluta importanza nella guerra di classe internazionale. Continuiamo a tenere alta l'attenzione e a cercare di capire, di sbrogliare la matassa, di avere gli elementi utili ad inquadrare le vicende che quel paese sta vivendo.

Pubblichiamo stavolta una nostra traduzione di un testo di Joel Beinin, realizzato dopo che l'autore ha intervistato diversi protagonisti nello scorso mese di dicembre. Dalle sue parole emerge un quadro caratterizzato, in primis, da grande incertezza: lo scontro in atto tra il governo dei Fratelli Musulmani e la classe lavoratrice non è concluso e il suo esito dipenderà da diversi fattori, evidenziati nell'articolo. La nuova costituzione segna certamente un attacco ai diritti dei lavoratori e ha visto l'opposizione attiva dei sindacati indipendenti, la forma che in questa fase ha assunto l'organizzazione dei lavoratori egiziani, capaci di strappare importanti vittorie e di far segnare un punto d'arresto alla strategia dei Fratelli Musulmani e al loro piano di austerity. Piano che trova il supporto dell'imperialismo di casa nostra (l'Unione Europea è in prima fila, accanto al tradizionale alleato statunitense) e la collaborazione più che attiva del Fondo Monetario Internazionale. Insomma, interessi enormi sono in ballo; basta leggere l'entità dei prestiti che dovrebbero essere accordati all'Egitto per farsene un'idea.
La partita non è chiusa ed è una partita che si gioca non solo all'interno dei confini geografici dell'Egitto.


[Egitto] I Fratelli Musulmani all'attacco dei lavoratori. Il futuro resta incerto


di Joel Beinin*
Traduzione a cura del collettivo Clash City Workers
Tratto da Carnegie Endowment

Il decreto 97 del 25 novembre 2012 è passato praticamente in silenzio nel subbuglio politico che ha fatto seguito alla dichiarazione costituzionale del presidente Morsi del 22 novembre, che gli garantiva poteri quasi dittatoriali. Il decreto 97 emenda la legge che regola i sindacati e rimuove tutte le alte cariche della ETUF, la Federazione Egiziana dei Sindacati, sponsorizzata dallo stato, che hanno più di 60 anni. I titolari delle cariche devono essere sostituiti dai candidati che ottennero il secondo posto nelle elzioni nazionali per i sindacati del 2006 – considerate ampiamente viziate da una corruzione dilagante. Nell'agosto 2011, il ministro del Personale e dell'Immigrazione ha certificato la loro invalidità e ha sciolto il consiglio esecutivo dell'ETUF.

Il decreto autorizza il Ministro del Personale e dell'Immigrazione Khalid al-Azhari del partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli Musulmani, a designare anche i successori per riempire i buchi nelle cariche sindacali nel caso in cui non esistesse un secondo candidato. Nel 2006 gli ufficiali di sicurezza dello stato estromisero infatti migliaia di sindacalisti dell'opposizione dalle elezioni, così che centinaia di candidati corsero senza rivali. In questo modo 150 Fratelli Musulmani possono essere nominati per le posizioni vacanti nei 24 sindacati nazionali dell'ETUF, mentre 14 su 24 membri dell'esecutivo verranno cacciati.

Per di più, il presidente dell'ETUF Ahmad ‘Abd al-Zahir, fedele sostenitore del regime di Mubarak, è stato rimpiazzato da al-Gibali al-Maraghi – un membro più giovane della vecchia guardia – e Yusri Bayyumi, dei Fratelli Musulmani, è diventato tesoriere dell'ETUF. Solo 3 avvocati del sindacalismo indipendente rimangono nell'esecutivo. Il 24 dicembre, il presidente Morsi ha designato al-Maraghi per il Consiglio della Shura, la camera alta del parlamento, e molti sospettano sia una ricompensa per il suo lavoro con la Fratellanza.

Il decreto 97 estende pure i termini dei mandati di coloro che sono in carica di sei mesi o fino alle prossime elezioni dell'ETUF (qualunque delle due arrivi per prima). I Fratelli Musulmani ed esponenti della vecchia guardia dell'ETUF supervisioneranno le elezioni ed è probabile che confermino il loro controllo congiunto sull'organizzazione. Questa è la caratteristica della recente prassi politica della Fratellanza. Piuttosto che riformare le istituzioni e i centri di potere del regime di Mubarak, ha cercato di ampliare il suo controllo su di essi. Ma come in altre sfere, non hanno un programma concreto o personale sufficientemente preparato per dirigere l'ETUF. Conseguentemente dividono il controllo dell'organizzazione con personaggi dell'epoca di Mubarak. Il loro interesse comune è in primo luogo burocratico, vale a dire conservare le proprie posizioni. I Fratelli cercano anche di limitare il propagarsi del sindacalismo indipendente, dal momento che costituisce un'opposizione potenziale alla loro ideologia del libero mercato.

Quasi un migliaio di nuovi sindacati indipendenti dall'ETUF sono stati creati dalla sollevazione del 25 gennaio 2011 contro il regime di Mubarak. Molti di loro si sono uniti ad una delle due nuove federazioni sindacali – la Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti (EFITU) o il Congresso Democratico Egiziano del Lavoro (EDLC). Le federazioni indipendenti e molti dei sindacati che ne fanno parte sono deboli sia per quanto riguarda le risorse sia per la capacità organizzativa – in parte a causa del fatto che l'Egitto non ha avuto esperienza di un sindacalismo democratico tra i primi anni '50 del '900 e il 2011. In ogni caso, l'esistenza di tali federazioni e l'alto profilo delle lotte di molti dei sindacati loro affiliati – gli ispettori del fisco per le proprietà immobiliari municipali; i lavoratori dei trasporti (metro e bus) de Il Cairo; gli insegnanti; i lavoratori dell'industria del ferro, dell'acciaio e delle ceramiche; i lavoratori portuali di Ain Sokhna – hanno imposto all'agenda politica del paese i temi della rivendicazione di un sindacalismo democratico, della libertà di associazione dei lavoratori e del diritto alla contrattazione collettiva. L'ILO (Organizzazion Internazionale dei Lavoratori) e la Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC) hanno appoggiato questi obiettivi. Ma l'Egitto abitualmente si fa beffe delle convenzioni dell'ILO che stabiliscono quei diritti dei lavoratori e che il paese ha ratificato molto tempo fa.

I sindacalisti indipendenti si oppongono con forza al Decreto 97. Il 28 ottobre il Centro per i Servizi per Sindacati e Lavoratori (CTUWS) ha tenuto una conferenza dal titolo “No alla Fratellizzazione dei sindacati”. Il coordinatore generale Kamal Abbas, rivolgendosi al pubblico, ha affermato: “Noi rifiutiamo la legge di Morsi non perchè difendiamo quelli che hanno più di sessant'anni, ma perchè le regole organizzative non permettono a nessuno se non ai corrotti di prendere il loro posto”.

Nella settimana (15-22 dicembre) tra le due tornate del referendum sulla costituzione recentemente adottata tre grandi e strategici settori dei lavoratori industriali sono scesi in sciopero. Due di loro hanno ottenuto velocemente soddisfazione alle loro rivendicazioni principali. La Eastern Tobacco Company, un'azienda pubblica il cui quartier generale è a Giza, detiene il monopolio della produzione locali di sigarette. I suoi 13.000 lavoratori si sono assicurati il ripristino degli incentivi alla produzione, che erano stati tagliati perché la compagnia aveva ridotto la produzione in attesa di nuove tasse sulle sigarette. In maniera simile, 8.000 lavoratori della Egyptian Aluminum Company, altra azienda pubblica, con sede a Nag Hammadi, hanno ottenuto il ripristino della partecipazione ai profitti: bonus che inizialmente era calcolato sui 12 mesi e che dopo era stato tagliato a solo 45 giorni della paga di base.

Negando la distinzione usuale tra rivendicazioni “politiche” ed “economiche”, i lavoratori della Eastern Tobacco rivendicavano anche che l'amministratore delegato dell'azienda (nominato nell'era Mubarak) fosse rimosso dalla carica per corruzione. È stato nominato un amministratore delegato ad interim e tutte le accuse sul predecessore saranno oggetto di indagini. Inoltre, il Ministro degli Investimenti Usama Salih, un tecnocrate che aveva rivestito alte cariche nell'era Mubarak, è intervenuto di persona in entrambi gli scioperi affinché le rivendicazioni dei lavoratori fossero soddisfatte. La vittoria operaia costerà alle casse dello stato 70 milioni di sterline egiziane (più di 8 milioni di €) per le rivendicazioni dei lavoratori dell'alluminio e altri milioni per quelle dei lavoratori del tabacco.

Malgrado queste vittorie, sotto la nuova costituzione il futuro dei sindacati indipendenti e del movimento dei lavoratori è incerto. L'articolo 52 dice: “La libertà di formare associazioni, sindacati e cooperative è un diritto garantito dalla legge.” Ma la sola legge esistente è la Legge 35 del 1976, che dà all'ETUF il monopolio sull'organizzazione dei sindacati. L'articolo permette anche di sciogliere interi sindacati e i loro consigli esecutivi per ordine di un giudice. Gli articoli 63 e 70 sembrano permettere alcune forme di lavoro forzato e minorile, che violerebbero le convenzioni dell'ILO (convenzioni numero 29, 105, 138 e 182) che l'Egitto ha ratificato.

L'ex ministro del Personale e dell'Immigrazione, il dottor Ahmad Burai, si è dimesso nel novembre 2011 per protestare contro il rifiuto del Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF) di consentire al gabinetto di promulgare la legge “Libertà sindacali”, nella cui bozza erano stati recepiti alcuni suggerimenti dei sindacati indipendenti. Il 22 dicembre al-Burai ha riferito al quotidiano al-Shorouk che la costituzione viola le convenzioni dell'ILO (la 87 e la 98) che l'Egitto ha ratificato e che garantiscono la libertà di associazione dei lavoratori ed il loro diritto alla contrattazione collettiva. L'ILO può ancora una volta mettere l'Egitto nella sua “black list” - il nome con cui la lista dei “casi speciali” dell'ILO è denominata dagli avvocati egiziani del sindacalismo democratico.

Nel 2011 ci sono stati quasi 1400 scioperi e proteste nel mondo del lavoro. Secondo il Centro Egiziano per i Diritti Economici e Sociali, ci sono state 3150 azioni collettive dei lavoratori negli otto mesi del 2012 per i quali hanno preparato statistiche. Questo movimento sociale permanente ha il potenziale per bloccare il piano per far ripartire la stagnante economia egiziata, adottato nel novembre 2011 dai tecnocrati egiziani e del Fondo Monetario Internazionale (FMI). L'attuazione dell'accordo farebbe arrivare in Egitto un prestito del FMI di 4,8 miliardi di dollari ($) e, potenzialmente, fino a 5 miliardi di $ in aiuti dall'Unione Europea – così come 1,4 miliardi di $ in aiuti internazionali e garanzie finanziarie dagli U.S.A. (che andrebbero ad aggiungersi agli 1,3 miliardi di $ in aiuti militari). Il piano porterebbe ad un aumento dei prezzi, ad un taglio governativo dei sussidi per i consumatori ed i produttori di beni, un'IVA più alta e tagli sul numero di impiegati statali. Questo programma di austerità aggraverà il dato sulla disoccupazione (ora ufficialmente al 12%) e quello sull'inflazione (il tasso annuale ad oggi è del 10% circa).

L'attuazione del piano è stata sospesa dopo l'inaspettata opposizione di massa alla dichiarazione costituzionale di Morsi del 22 novembre.
Il presidente egiziano ha promesso che non c'è stata alcuna “conditionality” legata al prestito del FMI (il FMI solitamente concede prestiti a patto che il paese che li riceve si impegni a mettere in atto determinate politiche che il Fondo stesso prescrive, NdT), nonostante la ben nota storia di tali condizioni imposte sia in Egitto che altrove. Il presidente non ha un mandato per attuare un programma di austerity che sarà impopolare e che molto verosimilmente condurrà ad un incremento degli scioperi e delle proteste dei lavoratori.

Nell'arena del sindacalismo e delle relazioni industriali – come nella più ampia arena politica ed economica – il futuro dell'Egitto è incerto. I lavoratori industriali sono uno dei settori che si è opposto alla nuova costituzione, saldamente ma certamente non unanimemente. Inoltre, grandi numeri di persone precedentemente non politicizzate e appartenenti al “partito del divano” (è il nome con cui gli egiziani hanno definito coloro che si sono limitati ad osservare le proteste contro Mubarak sedute sui divani di casa, NdT) hanno preso parte a manifestazioni militanti contro il decreto di Morsi del 22 novembre e contro la bozza di costituzione.

I lavoratori non sono stati un fattore forte nell'arena politica nazionale del post Mubarak. Alcune componenti del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN) si sono unite per opporsi alla pretesa degli estensori della costituzione secondo cui essa rappresenterebbe gli interessi dei lavoratori. Ma i suoi esponenti di spicco hanno fatto poco per costruire un supporto di massa tra i lavoratori. Molti sostenitori del FSN sperano che il fronte possa contestare le prossime elezioni parlamentari come un blocco unificato. Questo potrebbe creare un differente rapporto di forza rispetto al primo parlamento post Mubarak, islamico in maniera schiacciante. In quel caso, la contesa sull'Egitto del futuro avrebbe luogo in parlamento così come nelle strade e sui posti di lavoro. Altrimenti le strade ed i posti di lavoro continueranno a svolgere il ruolo che hanno adempiuto negli ultimi due anni.

*Joel Beinin è Professore di Storia Donald J. McLachlan e docente di Storia del Medio Oriente alla Stanford University

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