1336 - Il The senza padroni della ex Fralib

Siamo stati a fare visita agli operai della ex Fralib, fabbrica di the in Francia che la Unilever voleva chiudere, portandosi via i macchinari. Come accade sempre più di frequente (cfr. la fabbrica tessile occupata di Istanbul, la Kazova), di fronte a crisi e ristrutturazioni padronali gli operai rispondono su un piano offensivo, occupando e iniziando a gestire direttamente la produzione.

In tal senso, sempre alla Fralib c'era stato, nel Febbraio del 2014, un incontro internazionale delle fabbriche occupate (qui un report). Di seguito vi proponiamo un racconto della nostra visita, perchè riteniamo che esperienze del genere abbiano molto da dire a chi lotta tutti i giorni.

"Prima di entrare in fabbrica ci danno un pass, un camicione di carta bianca, una cuffietta, scarpe antinfortunio e passaggio di amuchina sulle mani. "E' per avere la certificazione per l'esportazione, dobbiamo seguire alcune regole", ci spiega Yves Baroni, operaio specializzato della nuova Cooperativa di produzione di the e infusi che ha preso il posto della vecchia Fralib, fabbrica di the Lipton e tisane Elephant che la Unilever aveva deciso di chiudere.

1336 è il marchio con cui sarà lanciata, a partire da Settembre, la nuova produzione di the. Sono i giorni di lotta, circa 3 anni e mezzo: in mezzo ci sono state diverse occupazioni della fabbrica, diverse denunce, scontri, provocazioni e infine la vittoria: prima l'acquisto da parte della provincia dello stabilimento, poi la decisione del tribunale di condannare la Unilever a finanziare la cooperativa, infine la stipula di un contratto d'affitto con la provincia e la piena titolarità sui locali. Lo stabilimento è il più grande della Francia per questo tipo di produzione.

Entriamo, tra stencil di Che Guevara e ritratti del vecchio direttore dipinto come il diavolo, nella sala macchine. Yves ci spiega tutto nel dettaglio, mentre intorno a lui altri operai, a produzione ferma, lavorano ai macchinari per controllare, mettere a punto, verificare le criticità. La competenza, il sapere operaio che trasuda dalle loro parole e dai loro gesti, è altissimo: nessuno di loro è ingegnere, eppure di quelle macchine sanno tutto, vita, morte e miracoli.

Mentre passiamo vicino alla macchina che fa i sacchetti dove va il the un operaio, seduto a terra a verificare alcuni passaggi, scherza con noi: "Sono io che imbusto il the! Sono qui seduto tutto il giorno a metterlo nei sacchetti, loro ogni tanto mi passano qualcosa da mangiare o da bere, sto bene!" Si ride, c'è un'atmosfera incredibile di serenità e ottimismo, anche nella sala mensa, dove un altro operaio si confronta con un ingegnere che dà il suo contributo a titolo gratuito, mentre accanto a loro stanno riproduzioni del famosissimo Le cri du peuple, il quotidiano più letto a Parigi nei giorni della Comune.

"Ma non è stato sempre così sereno, il clima, spiega Yves. "Abbiamo occupato una prima volta, siamo stati cacciati, quando siamo tornati abbiamo trovato un manipolo di guardie giurate che voleva impedirci il passaggio. Ci siamo dovuti dare appuntamento alle due di notte, li abbiamo affrontati, c'è stata un po' di bagarre ma alla fine li abbiamo scavalcati, siamo rientrati e li abbiamo buttati fuori. Il direttore, intanto, girava con una serie di guardie del corpo armate fino ai denti. Siamo stati qui giorno e notte, tutti i giorni della settimana, con turni di guardia e sentinelle per impedire provocazioni. Non ce l'avremmo mai fatta senza l'aiuto dei compagni: gente da tutta la Francia è scesa a darci il cambio, a permetterci una doccia o di passare un po' di tempo in famiglia. Finchè non lo vedi non ci puoi credere che, dappertutto, ci siano così tanti comunisti!"

"Abbiamo passato momenti di scoramento, anche perchè non tutti eravamo, e siamo impegnati politicamente. Però quando giravo per la Francia, col nostro gruppo musicale prima (Los Fralibos) e col gruppo teatrale poi, vedere che dappertutto c'era gente che ci portava solidarietà mi faceva tornare sempre più galvanizzato e con sempre maggiore forza per affrontare una lotta durissima. Unilever è la più grande multinazionale dell'agroalimentare!"

Mentre ci racconta la lotta ogni tanto Yves si ferma e cambia argomento. E' troppo legato alla produzione che finalmente è la loro per non dirci, nei dettagli, tutte le scelte che hanno fatto, sia in termini qualitativi che in termini di sicurezza sul lavoro.

"Negli anni 2000 la qualità della produzione qui è scesa. Abbiamo iniziato a produrre the aromatizzati con aromi artificiali, piccole sfere che entrano in busta e coprono ogni altro sapore, mentre prima aromatizzavamo in modo naturale. Per un periodo abbiamo anche prodotto infusi già dolcificati con aspartame. Lavoravamo in maglietta e a mani nude, tornavamo a casa e sapevamo di zucchero. Sembrava divertente, poi abbiamo capito che non era normale. Un nostro compagno, ex panettiere, ha iniziato a denunciare la cosa, abbiamo cercato su internet tutte le informazioni sui danni dell'aspartame, poi siamo andati dal capo e gli abbiamo detto quello che avevamo trovato. Lui per tutta risposta ci fa: "Perché, sapete anche andare su Internet?" Sciopero, vertenza e vittoria: abbiamo avuto le protezioni. Alla fine quella roba faceva schifo, la gente non la comprava ed è stata tolta di mezzo!"

"Ora compriamo solo the e piante bio: è uno schifo, perchè il certificato bio costa tantissimo e i piccoli produttori spesso non riescono ad averlo, ma se vogliamo stare sul mercato non abbiamo altra scelta."

Il mercato, però, non è il loro faro guida. "Dovevamo scegliere i nostri responsabili marketing. I primi sono venuti e ci hanno detto di dare loro i soldi, poi se la sarebbero vista da soli. I secondi volevano passare del tempo con noi in fabbrica, si sono fatti raccontare le nostre storie e ci hanno chiesto che cosa volevamo che rappresentasse per noi il nostro the. Abbiamo scelto loro e, insieme a loro, abbiamo chiamato il the 1336: perchè il nostro the è la nostra lotta, la nostra lotta è quello che siamo oggi"

L'ex panettiere, oggi, è il responsabile dell'aromatizzazione: stanno ripristinando il vecchio impianto di aromatizzazione naturale che la Unilever aveva abbandonato. Dal Vietnam, grazie ad un compagno che aveva contatti lì, fanno arrivare delle foglie di the verde senza pesticidi da piante centenarie: è la loro prima produzione dopo la vittoria, e ci tengono che sia di qualità altissima.

Chiediamo come funzioni, nel concreto, la cooperativa.

"Dal punto di vista economico abbiamo tre livelli - operai, tecnici e quadri - e tre livelli salariali: tra l'operaio e il quadro la differenza è di circa 400 euro mensili, mentre prima era di circa 8000 euro. Alcuni di noi erano dell'idea di non fare differenze salariali, ma abbiamo votato e non abbiamo avuto la maggioranza, anche alcuni operai ritenevano giusto che i quadri prendessero di più. Del resto, alcune idee non si scardinano da un giorno all'altro, ma l'importante in questo momento è prendere decisioni in modo democratico. E' per questo che, al di là delle funzioni che i quadri hanno, almeno due volte al mese ci riuniamo in assemblea, soci e dipendenti, per decidere insieme sulle varie cose, e ogni mattina facciamo un briefing"

Mentre racconta i 1336 giorni di lotta, Yves ripete spesso che è stata "una guerra"; anche quando ci fa vedere le vecchie scatole Lipton che usano per fare le prove con le macchine parla di "trofei di guerra". E' ironico, ma fino a un certo punto, perchè la ricorda proprio così: dietro le sue parole possiamo vedere i momenti più alti del conflitto e i momenti di scoramento ma mai, nemmeno una volta, percepiamo che abbiano avuto dubbi su ciò che stavano facendo.

"Noi da subito abbiamo avuto chiaro che volevamo salvare la fabbrica, non semplicemente il posto di lavoro; forse anche perchè alcuni di noi venivano già da una fabbrica chiusa in Bretagna, sempre da Unilever, si erano dovuti trasferire qui a l sud e si ritrovavano, nel giro di pochi anni, davanti al rischio di chiusura...per noi non è mai stata in discussione la possibilità di accettare agevolazioni per la pensione, o di essere riassunti e spostati altrove. Certo, degli oltre 200 operai che eravamo, alcuni erano alle soglie della pensione e ci sono andati; altri dovevano essere licenziati da Unilever ma abbiamo ottenuto, visto che non volevano partecipare alla cooperativa, che avessero degli scivoli per la pensione invece di essere licenziati. Alcuni sono, ancora oggi, dipendenti Unilever - il tribunale ha condannnato l'azienda a riassumere molti di noi - quindi stiamo aspettando che gli finisca il contratto per assumerli. Al momento nella cooperativa siamo 58 - di cui 8 soci - ma arriveremo presto a circa 70"

Ci guardiamo intorno e ci sembra tutto molto complicato: hanno fatto moltissimi passi avanti e sono pronti per la produzione, ma alcune macchine resteranno ancora ferme per un po', mancano tra di loro alcune competenze in termini manageriali...però contemporaneamente percepiamo l'assoluta certezza che ce la faranno: una certezza che traspare dalle parole di chi ha lottato talmente tanto, contro un nemico così forte, che non può certo lasciarsi abbattere dalla necessità di rimettere in funzione le macchine per i sacchetti tondi!

Mentre compriamo il the della produzione militante, quella che hanno portato in giro fin da subito, i compagni ci ringraziano della solidarietà e si dicono pronti a partecipare a qualunque iniziativa, anche col gruppo musicale o teatrale, perchè hanno imparato l'importanza della solidarietà.

C'è una sola domanda a cui Yves non ci risponde, quando gli chiediamo come sia stato possibile che delle persone in fondo comuni ("siamo gente che mette delle foglie di the nelle bustine, non siamo guerrieri", scherza spesso) siano state in grado - certo, con l'appoggio costante del sindacato CGT - di concludere vittoriosamente una lotta così lunga e difficile. Non ci risponde perchè non sa che dire e capiamo che, alla fine, si è trattato della cosa più naturale del mondo.