La lotta delle operaie tessili della Cambogia

In questi giorni anche qualche quotidiano italiano ha dato notizia degli scioperi e delle manifestazioni operaie che in Cambogia chiedono l'aumento del salario minimo mensile da 100 a 177 $.

L'industria tessile cambogiana è in continua crescita ed occupa quasi 500.000 operaie su una popolazione di 13 milioni di persone, con essa è cresciuta anche la conflittualità operaia che dal 2012 ha fatto impennare il numero degli scioperi.

La campagna per l'aumento del salario minimo mensile fino 177 US$ è stata lanciata con una giornata internazionale di lotta mercoledì scorso, il 17 settembre.
A Phnom Penh, capitale politica ed industriale del paese, più di un migliaio di operaie si sono concentrate di fronte alle fabbriche del Canadia Industrial Park non facendosi intimidire dalla presenza di numerosi mezzi e soldati dell'esercito nazionale. Nel gennaio scorso gli scioperi e le manifestazioni per l'innalzamento del salario minimo a 160$ - in linea con la stima del Ministero del lavoro, che considerava 157-177$ il minimo per sopravvivere – sono terminati dopo 15 giorni, con gli spari dell'esercito sugli operai e i loro sostenitori. Quattro i morti accertati, ai quali va aggiunta una persona scomparsa, 38 feriti gravi e 23 arresti.

In tutto il mondo sono state realizzate azioni di solidarietà di fronte ai negozi dei principali brands che sfruttano i bassi salari e la possibilità di eludere le norme sulla salute e la sicurezza delle fabbriche cambogiane, tra i quali Adidas, Calvin Klein, Clarks, H&M, Levi Strauss, Macy, Nike, Old Navy, Puma, Reebok, Gap e Wal-Mart. Ma oltre ai vestiti e alle scarpe vendute con questi marchi nelle enormi fabbriche cambogiane - solo il 9% delle operaie lavora in stabilimenti sotto i 500 dipendenti – si producono articoli d'abbigliamento per ogni prezzo, fino ad arrivare a quelli più economici delle bancarelle delle nostre città.

Scriviamo di operaie al femminile perché il 90% delle impiegate alla macchina per cucire, ma anche alle prese con coloranti ed altri pericolosi composti chimici, sono donne. La maggior parte di loro è emigrata dalle campagne in cui larga parte della popolazione non possiede una quantità di terra sufficiente a sopravvivere con un'agricoltura di sussistenza – nel 2006 la Banca Mondiale stimava che il 45% delle famiglie aveva un appezzamento inferiore ad 1 ettaro, mentre il 20% non ne possedeva affatto.

Negli ultimi 15 anni il settore tessile cambogiano è esploso grazie alle condizioni che le stesse agenzie di consulenza per gli investimenti esteri ricordano ai loro clienti, consigliando di impiantare uno stabilimento in Cambogia: “una delle forze lavoro più economiche e dinamiche dell'Asia” e “assenza di tassazione o quote di esportazione riservate per i mercati dei paesi più sviluppati”.
Sempre nel documento del KPMG Investing in Cambodia si legge che “L'industria è la prima fonte di crescita del paese, trainata soprattutto dalle esportazione negli Stati Uniti e nell'Unione Europea. Nel 2011 il valore delle importazioni di vestiti e scarpe dalla Cambogia negli USA è aumentato del 17,8% arrivando a 2,7 mld di dollari. Le esportazioni verso l'UE sono salite del 51,1% arrivando a 1,62 mld di dollari”. La produzione tessile compre il 16% del Pil del paese ed occupa il 45% dei suoi lavoratori manifatturieri, secondo il South East Asia Textile Business Review del 2009, ma costituisce ben l'85% delle esportazioni.

Nella filiera globale dell'industria tessile il paese si colloca nelle ultime fasi – taglio, cucitura e rifinitura – importando quasi tutti i semilavorati, prevalentemente dalla Cina. Secondo le stime dell'associazione degli imprenditori tessili tailandese (TGMA), l'ex impero di mezzo è al primo posto nell'esportazione di prodotti d'abbigliamento, coprendo il 35% del mercato mondiale. Lo seguono i paesi del subcontinente indiano – Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka – con il 16-18% e poi i paesi del Sud Est asiatico con il 10-12%. Dopo la Cina è il Bangladesh il paese con più operai tessili, circa 4 milioni su una popolazione di 150, di gran lunga superiore a quella della Cambogia che arriva a 15 milioni, di cui più della metà sotto i 25 anni.

Qui il numero degli impiegati nel settore è in continua crescita e ormai arriverebbe, secondo alcune stime, ameno a quota 475,000 (ma sono più di 600.000 secondo le dichiarazioni del ministro del lavoro). Secondo i dati dell'aprile 2013 forniti da Better Factories Cambogia, programma di monitoraggio dell'Ilo attivo dal 2001, le fabbriche erano all'epoca 384 ed il numero degli operai impiegati 374.318. Il report ci fornisce i dati percentuali sulle condizioni delle 152 fabbriche tessili e le 3 fabbriche di scarpe monitorate. Le fabbriche monitorate sono solo quelle che hanno acconsentito alle ispezioni o ne hanno fatto richiesta. Oltre alle 48 ore settimanali di lavoro i padroni delle fabbriche ricorrono in “maniera non eccezionale” agli straordinari nel 95% dei casi, nel 85% dei casi le ore dello straordinario sono superiori a due. Ciò si traduce in settimane lavorative di 60 ore distribuite in 6 giornate da 10 per la maggiora parte degli operai. La temperatura degli stabilimenti – dovuta all'uso di agenti chimici e all'insufficenza degli impianti di aerazione – è eccessiva nel 75% dei casi, cosa che sommata ai lunghi turni di lavoro causa ripetuti svenimenti delle lavoratrici. I contenitori degli agenti chimici non sono etichettati in Khmer nel 55% dei casi e manca l'equipaggiamento necessario a maneggiarli nel 55%.

Contro queste condizioni le lotte nelle fabbriche si sono moltiplicate negli ultimi anni. Dietro l'immagine di poveri lavoratori del “terzo mondo” in attesa della compassione e della carità occidentale, spesso proposta dai media, ci sono operai che conquistano da sé migliori stipendi e condizioni di lavoro.
Non abbiamo una conoscenza diretta delle lotte delle operaie cambogiane, ma i giornali locali in lingua inglese – anche se non possiamo affidarci totalmente alla loro ricostruzione dei fatti - ci danno un'idea della loro frequenza e intensità. Questi sono alcuni degli articoli usciti negli ultimi due mesi:

“Circa 200 operai di una fabbrica tessile di Phnom Penh sono tornati a lavoro dopo aver raggiunto domenica un accordo con l'azienda, un giorno dopo essere usciti dal loro posto di lavoro – macchine da cucire alla mano – perché i loro padroni non li potevano pagare in tempo. […] l'azienda [coreana] ha acconsentito di pagare all'istante metà del loro stipendio mensile ed il 10 settembre l'altra metà, assieme alle paghe di agosto”
(Workers End Protest After Taking Sewing Machines, The Cambodia Daily, 11 agosto)

“Circa 3000 operaie tessili della provincia di Kampong Chhnang hanno acconsentito a porre fine alla loro protesta e tornare a lavoro mercoledì, dopo che la confusione sui loro stipendi mensili è stata chiarita. I dipendenti della fabbrica cinese Jiun Ye […] sono andati in sciopero lunedì dopo aver ritirato le loro buste paga ed aver pensato erroneamente che i conti avrebbero dovuto includere i loro bonus mensili […] In un altra fabbrica più di 300 lavoratori della fabbrica Hung Tak di […] Phnom Penh sono andati in sciopero martedì per un ritardo nel versamento degli stipendi, ma hanno acconsentito a tornare a lavoro mercoledì […] “Dopo le trattative tra le due parti l'azienda ha accettato di versare gli stipendi di luglio [...]” ha detto Yann Roth, un rappresentante della [Free Trade Union] “Se i lavoratori non fossero andati in sciopero, la fabbrica non gli avrebbe risposto”
(Factory Strikes End After Pay Disputes Solved, The Cambodia Daily, 13 agosto)

“Almeno 127 operaie tessili cambogiane di sei differenti fabbriche sono svenute venerdì a causa della cattiva salute, ha confermato un ufficiale della polizia locale. […] “Abbiamo concluso che le lavoratrici sono svenute a causa della loro cattiva salute” ha detto “I nostri esperti hanno inspezionato le fabbriche e non hanno trovato nessun problema con l'ambiente e con sostanze chimiche”
(Mass faintings occur at 6 garment factories in Cambodia, Shanghai Daily, 15 agosto)

“Circa 17.000 persone si sono infortunate sul lavoro lo scorso anno, 2.600 in più del 2012, secondo il National Social Security Fund. Il numero […] si basa sulle denunce dei datori di lavoro”
(Gov't Says Workplace Injuries on the Rise, Reforms Needed, The Cambodia Daily, 20 agosto)

“Circa 3000 operaie tessili hanno scioperato martedì per il secondo giorno nella provincia di Kampong Chhnang, accusando la loro azienda di trattenere parte dei loro bonus mensili. […] hanno bloccato per più di quattro ore la Strada Nazionale n°5”
(Garment Workers at Two Factories Go on Strike for More Pay, RFA – Radio Free Asia, 20 agosto)

“Un totale dii 1,222 svenimenti e tre morti sono stati registrati quest'anno […] più di quelli registrati nel corso di tutto il 2013, ha dichiarato un sindacato locale […] mentre il Ministero del lavoro […] non ha ancora rilasciato una relazione ufficiale”
(More Than 1,000 Faintings Reported in Cambodian Factories This Year, The Cambodia Daily, 21 agosto)

“Circa 3000 dipendenti della fabbrica cinese Jiun Ye sono in sciopero da lunedì visto che l'azienda non ha incluso i loro bonus mensili nelle ultime buste paga […] Un incontro tra il sindacato [Khmer Union Federation of Workers Spirit] e l'azienda si è concluso con un nulla di fatto. Ma al sindacato è stata mostrato l'ordine del tribunale provinciale di sospendere i blocchi sulla Strada Nazionale n°5 e tornare a lavoro. I lavoratori […] hanno ignorato l'ordine e hanno ripreso lo sciopero giovedì mattina, a quel punto è arrivata la polizia ed ha iniziato a fare arresti. [Quando i poliziotti hanno arrestato uno dei delegati ed un altro operaio] molti dei manifestanti hanno circondato la macchina […] e usato pietre per rompere i finestrini e liberare la coppia[, allora] una squadra di 200 poliziotti ha provato a farsi largo tra la folla di scioperanti per provare a fare nuovi arresti ma è stata bloccata […] Da maggio la polizia ha arrestato almeno 10 leader sindacali – tutti rilasciati – accusati di aver incitato azioni illegali durante gli scioperi”
(Striking Factory Workers Thwart Police Arrests, The Cambodia Daily, 22 agosto)

“Circa 3000 operaie tessili […] sono in sciopero dal 18 agosto […] hanno bloccato più volte la Strada Nazionale n°5 e, secondo l'azienda, hanno rotto le finestre di un gabbiotto di guardia e danneggiato un cancello. [L'associazione degli imprenditori tessili ha chiesto l'intervento dell'autorità competenti per ristabilire la legge e punire i colpevoli :] “La Cambogia è uno Stato di diritto, quindi far rispettare la legge è una priorità del Paese per ottenere la fiducia degli investitori.” Mum Siek, dirigente della Khmer Union Federation of Workers Spirit, che sta conducendo gli scioperi, […] ha detto che continueranno […] “Noi non abbiamo incitato le lavoratrici, sono loro che sono andate in sciopero per ottenere i loro benefit visto che l'azienda le sta truffando”
(Factories Ask Gov't to Punish Strike Leaders, The Cambodia Daily, 25 agosto)

“Più di 5000 operaie di una fabbrica di scarpe nella provincia di Kampong Cham sono andati in sciopero lunedì, chiedendo all'azienda di aumentare i loro benefit. La folla urlante è uscita dalla fabbrica taiwanese Juhui Footwear […], ballando sulla musica sparata dagli altoparlanti mentre circa 60 tra poliziotti e militari li osservavano. Organizzati dalla Coalition of Cambodian Apparel Workers Democratic Union (CCAWDU), le lavoratrici hanno portato una lista di 15 rivendicazioni, tra le quali un buono pasto giornaliero di 1$, delle maggiorazioni per le lavoratrici qualificate e 2.000 riel ($0.50) per ogni ora di straordinario. […]
Lunedì, in un altra protesta condotta dalla CCSWDU, circa 300 lavoratori della fabbrica taiwanese Xin Fang hanno marciato fino al Ministero del lavoro, chiedendo alle autorità di intervenire […] il gruppo ha camminato per circa 10 km dalla propria fabbrica nel distretto Senchey di Phnom Penh […] sono in sciopero dal 18 agosto per una lista di 18 rivendicazioni, tra le quali un buono pasto, benefit per le donne in cinta e che sono appena diventate madri, 3$ di bonus per il lavoro festivo e 15$ al mese per le spese d'alloggio”
(Thousands Strike Over Pay at Kompong Cham Garment Factory, The Cambodia Daily, 2 settembre)

“Un licenziamento di massa tanto grande non si vedeva da gennaio, la fabbrica Xin Fang di Phnom Penh ha cacciato ieri 106 operai per aver protestato di fronte allo stabilimento. L'amministrazione della fabbrica del distretto Por Sen Chey aveva già licenziato 30 operai che avevano continuato a scioperare ignorando l'ingiunzione del tribunale che li obbligava a tornare a lavoro, ha detto Vong Thavin, manager della Xin Fang. Circa 400 operai loro colleghi sono andati in corteo dalla fabbrica al Ministero del Lavoro per chiedere l'intervento del governo”
(Mass firing at Xin Fang factory, Phnom Penh Post, 9 settembre)

“Lunedì circa 3000 operai hanno protestato di fronte allo stabilimento tessile nella provincia di Prey Veng […] I dipendenti della fabbrica cinese Komchay Mear Trading, che cuce vestiti per l'etichetta americana Gap, sono in sciopero da giovedì pomeriggio per una lista di 25 rivendicazioni che includono un extra di 2.000 riel, circa 0.50$, per il lavoro di domenica”
(Thousands of Workers Go on Strike in Prey Veng, The Cambodia Daily, 16 settembre)

“Più di 5000 dipendenti della Juhui Footwear Factory nella provincia di Kampong Cham [sono] stati licenziati martedì per aver scioperato […]. I lavoratori erano in sciopero dal 1 settembre e sono stati informati del licenziamento quando la fabbrica ha attaccato una lista con più di 5000 nomi di fronte alla fabbrica […]. Het Hun, un funzionario della Coalition of Cambodian Apparel Workers' Democratic Union […] ha detto che le proteste fuori dalla fabbrica saranno sospese fino a mercoledì […] “Abbiamo detto ai lavoratori di smettere di protestare di fronte alla fabbrica perché abbiamo visto che gli operai sono molto arrabbiati. Abbiamo paura che la loro rabbia porti alla violenza... Ricominceremo la protesta davanti alla fabbrica dopo la festa del Pchum Ben. Non possiamo accettare che la fabbrica ci licenzi” […]. “Noi non li abbiamo licenziati, sono loro che hanno lasciato da sé il loro lavoro”.
(Fired Factory Workers Refuse Severance, Vow More Protest, The Cambodia Daily, 18 settembre)

“Ath Thorn, il capo del più grande sindacato indipendente del Paese, è stato messo ieri sotto controllo giudiziario dal tribunale municipale di Phnom Penh un giorno dopo aver partecipato alle manifestazioni per il salario minimo mensile di 177$ degli operai tessili. Thorn, presidente della Coalition of Cambodian Apparel Workers' Democratic Union (CCAWDU), ieri è diventato il terzo leader sindacale ad essere soggetto ad un ordine di tribunale che gli proibisce la partecipazione a manifestazioni pubbliche fino alla fine del processo. È imputato per violenze intenzionali, aggressione, distruzione di proprietà e blocco stradale, nessuna data è ancora stata fissata per il processo. […] Le ultime denunce sono relative al suo ruolo negli scioperi nazionali iniziati il 25 dicembre e conclusi nel sangue il 3 gennaio in Veng Sreng Street, quando la polizia militare ha aperto il fuoco sui manifestanti che lanciavano pietre, uccidendo cinque persone e ferendone a decine.”
(Court Places More Restrictions on Union Leader, The Cambodia Daily, 19 settembre)

Il numero degli scioperi ha subito un impennata dal 2010 al 2012, con un aumento del 170% secondo i dati del Ministero del lavoro. Una tendenza confermata anche dagli imprenditori affiliati alla Garment Manufactures Association of Cambodia, che in quell'anno hanno denunciato la perdita di 542.827 giorni di lavoro, contro i quasi 140.000 dell'anno prima e i 200.000 del 2010. Numeri che hanno continuato a crescere nel 2013 - 888.527 giorni di lavoro persi per sciopero – mentre nei primi otto mesi di quest'anno i giorni di sciopero denunciati dagli imprenditori sono stati 374.752. Dati che però, scrivono gli imprenditori, “non includono i 15 giorni di scioperi e manifestazioni illegali condotti da cinque sindacati e un'associazione dalla fine del 2013 agli inizi del 2014”.

Si tratta della mobilitazione per il salario minimo a 160$ esplosa quasi spontaneamente il 25 dicembre scorso, il giorno dopo della decisione della commissione tripartita governo-imprenditori-sindacati di spostarlo da 80 a 95$. Appena saputo che il Labour Advisory Commitee aveva rifiutato la proposta di salario minimo dei sindacati indipendenti la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori ha iniziato a scioperare e a partecipare ai cortei, a prescindere dalla sigla di appartenenza. Le Ong autrici della relazione A week that Shook Cambodia scrivono “ […] quasi tutte le fabbriche di Phnom Penhh avevano smesso di funzionare dal 26 dicembre a causa del crescente numero degli scioperanti. I datori di lavoro chiedevano alle loro operaie di andare in ferie fino alla fine dello sciopero. Molti lavoratori stettero a casa o tornarono ai loro villaggi in campagna per aiutare le loro famiglie durante il raccolto. Dal 26 al 31 dicembre il centro di Phnom Penh venne occupato dalle lavoratrici in sciopero e dai loro sostenitori. Il 27 le operaie bloccarono la strada di fronte al Ministero del lavoro mentre era in corso l'incontro tra il ministro e i leader sindacali di Ccawdu, Niftuc, Cumw, Catu, Ftuwkc e Wftu. Alla conclusione dei colloqui non si era trovata una soluzione, i sindacati annunciarono uno sciopero generale a oltranza dal 31. Più avanti, Idytu e Ccu si unirono alla convocazione dello sciopero generale. Il 28 migliaia di manifestanti bloccarono ancora la strada di fronte al Ministero del lavoro, ed anche la Strada Nazionale n°4 per otto ore”.

Nei giorni successivi le trattative proseguono senza raggiungere nessun accordo. La proposta di portare subito il salario minimo a 100$ non ferma le mobilitazioni, e la GMAC chiede l'intervento del governo per riportare l'ordine. La polizia e i militari intervengono per la prima volta il 2 gennaio. La mattina alla fabbrica Yakjin, alla periferia di Phnom Menh, attaccando il presidio degli scioperanti, e il pomeriggio in Veng Sreng Road nella Canadia Industrial Zone, dove i lavoratori rispondono montando barricate e lanciando pietre e bottiglie. Durante gli scontri tra la forza pubblica e i lavoratori, continuati fino alle 14 del giorno dopo, i poliziotti sparano uccidendo almeno quattro manifestanti. Le vittime sono tutti operai maschi tra i 24 e i 26 anni. Intanto la polizia era intervenuta violentemente anche in altri punti della città, in cui il giorno dopo i posti di blocco e le pattuglie davanti alle fabbriche hanno ripristinato lo “Stato di diritto” necessario a “dare fiducia agli investitori internazionali”.

Gli scioperanti sono tornati a lavoro nel corso dei giorni successivi, senza aver ottenuto l'aumento del salario minimo. Ma, come abbiamo visto dalle statistiche dei padroni e dagli articoli di giornale, gli scioperi e le lotte per strappare un salario migliore e migliori condizioni di lavoro non sono finite. Proveremo a seguirle, perché – se lo spauracchio della delocalizzazione in Asia è uno strumento per abbassare gli stipendi in Italia, se le imprese di cui siamo dipendenti operano ovunque nel mondo e possiamo sconfiggerle solo abbattendo i confini che dividono i lavoratori – ogni vittoria delle operaie cambogiane è una nostra vittoria.

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Fonti principali
- “Workers’ Rights are Human Rights” Policy Brief: The Garment Industry in Cambodia, Gennaio 2014
- Better Factories Cambodia, Thiertieth Synthesis Report on Working Conditions in Cambodia's Garment Sector, Aprile 2013.
- KPMG, Investing in Cambodia, 2012
- Cambodia Food Market Analysis and Survey Report, 2010
- GMAC Strike Report, Agosto 2014
- A Week that Shook Cambodia. The Hope, Anger and Despair of Cambodian Workers after the General Strike and Violent Crackdown (Dec 2013 Jan 2014), Febbraio 2014
- Textile World Asia, Cambodia on the Rise, giugno 2013

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