Autostrade. "Per l'Italia" o per Benetton?

Benetton licenzia, abbassa i salari, impoverisce l'attività di manutenzione delle autostrade in Italia che gli sono state date "in concessione"... Interessa qualcosa allo Stato che gli ha fatto questo regalo? La denuncia arriva dai lavoratori, bypassando Cgil-Cisl-Uil, in tutt'altro affaccendate, evidentemente. Pubblichiamo il contributo di un lavoratore che descrive la situazione.

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"Apriamo nuove strade e creiamo lavoro. Per crescere, tutti. Autostrade per l’Italia, la passione di muovere il Paese”. Finisce così lo spot con cui dai primi di ottobre Atlantia, società del Gruppo Edizione-Benetton, meglio conosciuta come Autostrade per l’Italia, ha inondato canali televisivi, radio, carta stampata e web, con tanto di presenza massiccia sui social network. Nella pubblicità, dal sapore un po’ “mulino bianco”, una bambina al volante di una automobile giocattolo modello retrò solca l’aria attraversando una strada immaginaria tra cieli azzurri, colline verdi e viadotti in costruzione, aiutata da frotte di operai e impiegati che sembrano accorrere da ogni parte pur di trasportarla con le proprie mani verso un radioso futuro in movimento.

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Niente di più falso, come lo spot stesso sembra involontariamente suggerire, riprendendo vagamente il finale di Palombella rossa, in cui una moltitudine di persone su un prato scosceso al suono dell’Inno dei lavoratori si volge verso un Sol dell’Avvenire di cartone.

Così, proprio mentre Autostrade cerca di rispolverare la propria immagine di azienda monopolista privata - che ai più non rappresenta altro se non una striscia d’asfalto e un casello - attribuendosi un’immagine di umanità e ingenua fanciullezza, nella realtà mostra la sua vera anima ai suoi, più o meno diretti, lavoratori dipendenti. E’ in atto infatti da qualche mese un processo di riorganizzazione delle varie società appartenenti al Gruppo. Un percorso di cui fanno le spese, ovviamente, i lavoratori.

Stiamo parlando di una società che fattura circa 4 miliardi di euro l’anno con l'esazione del pedaggio, che avviene prevalentemente in Italia. Con questa attività praticata in regime di monopolio, "concessa" al gruppo facente capo alla famiglia Benetton a seguito della privatizzazione del 1999 - è bene ricordarlo - ad opera del governo D’Alema, Atlantia-Autostrade nel 2011 ha portato a casa 830 milioni di euro di utili. Si tratta di una delle imprese più importanti del Paese, sia dal punto di vista del servizio - è il primo investitore privato in Italia, gestisce le fondamentali arterie di collegamento del traffico su gomma (autostrade A1, A14 etc.) - sia come fatturato e presenza sul mercato. Recentemente ha piazzato anche 750 milioni di Euro di obbligazioni, facendo leva sulla propria "solidità". Anche nel triste 2012, Autostrade mantiene grosso modo i suoi numeri, seppure con una lieve flessione. Stando ai primi 9 mesi dell’anno, i profitti calano dell’11% a fronte di una diminuzione del 7% dei transiti in Italia. E ti credo…

Il punto è che, nonostante le premesse e le belle parole, nella complessa architettura di società appartenenti ad Atlantia-Autostrade è iniziata, con la scusa della crisi, una manovra mirante al taglio del personale e all’abbassamento dei salari. Un processo apparentemente frammentario e mirato, in realtà "unitario" e generalizzato diretto a colpire i lavoratori e di conseguenza a provocare un peggioramento della sicurezza e della qualità del servizio agli utenti. Pardon, clienti.

Non si conosce una cifra esatta degli esuberi. Per ora si sa che circa la metà dei 350 dipendenti della società Pavimental (partecipata al 99% da Autostrade), addetti alla manutenzione stradale, saranno mandati a casa. A novembre sono già stati effettuati scioperi e indette manifestazioni nelle province colpite dai tagli: Arezzo, Rieti, Como. Stessa cosa per Spea, altra società di Autostrade che si occupa di progettazione: verranno falcidiati 130 lavoratori, cui non sarà rinnovato il contratto.

Sono in atto tagli al personale anche di altre società del complesso “spezzatino” controllato da Autostrade, e riguardano numerosi lavoratori in appalto e una ventina di amministrativi. tra cui precari pluriennali. Le parole d’ordine dell’azienda possono essere - a seconda del settore - "internalizzazione" o "esternalizzazione", ma il risultato è sempre lo stesso: la diminuzione del personale e il peggioramento della qualità del servizio.

Clamoroso il caso già citato di Pavimental, in cui si taglia sui lavoratori che operano nella manutenzione dell’asfalto: il che dovrebbe preoccupare sia i “clienti” che il “concedente” (lo Stato italiano, che ha costruito le autostrade fisiche con i soldi dei cittadini). Ma è il disegno generale che muove queste operazioni - forse non ancora compreso dai vertici sindacali delle aziende del gruppo, e che minaccia di investire tutti i 10.000 dipendenti del gruppo Autostrade - ad essere pericoloso. È l’idea di una società privata ma incredibilmente monopolista, che sfrutta la crisi per regolare i conti con il lavoro, fregandosene della qualità, innalzando il profitto a variabile indipendente e i dividendi per gli azionisti come unico metro di valutazione.

Nel frattempo la bambina della pubblicità continua a viaggiare sostenuta in aria dalle mani dei lavoratori, così come tutti noi automobilisti continuiamo a muoverci grazie al lavoro di persone che stanno perdendo il posto. Forse è il momento di iniziare a chiederci se siamo disposti a rinunciare alla sicurezza, ai servizi e ad accettare sempre nuove forme di sfruttamento per garantire profitti inalterati o crescenti a pochi “prenditori”.

Rete Camere Popolari del Lavoro