Referendum costituzionale: i lavoratori dicono NO

Cosa centra il Referendum Costituzionale col diritto alla salute? Facciamo chiarezza!

La campagna per il sì alla Riforma Costituzionale non lascia scampo neppure alla Sanità. Anche questo fondamentale diritto infatti rischia di essere eroso dalla riforma nonostante la propaganda del governo che tenta di raccontarci che non ci sia nulla di davvero preoccupante non essendo in discussione la modifica dell'articolo 32, quello che dichiara la parità dei cittadini nella tutela del diritto alla salute. Purtroppo però le modifiche al sistema sanitario degli ultimi anni si inquadrano in un progetto di erosione del sistema che non ha bisogno di passare per la modifica dei diritti etico-sociali della Carta, e che vede da anni una riorganizzazione del sistema in nome dell'efficienza, che nasconde tagli, inasprimento della concorrenza tra il personale ospedaliero, deleghe a realtà territoriali inesistenti. Il tutto per giustificare una privatizzazione della sanità che prosegue come ci confermano gli ultimi affari sulla progettazione dei nuovi ospedali in Project financing. La riforma costituzionale altro non farebbe se non rendere ancora più semplice le manovre del governo in questa direzione, senza passare per la modifica dell'articolo 32.

Analizziamo la propaganda.

Secondo i fautori del sì “Con il Referendum si decide se lasciare tutta la sanità alle Regioni oppure dare stessi diritti a tutti i cittadini”. E ancora: “se vincono i sì tutti i malati di cancro avranno gli stessi farmaci, indipendentemente dalla regione in cui vivono”.

Renzi propugna dunque una riforma in grado di rivoluzionare la salute nel nostro Paese, ma sappiamo che salute e sanità sono due cose molto diverse, e la riforma riguarda in realtà solo alcune variazioni in tema di legislazione sanitaria.
[leggi tutto...]


Referendum costituzionale: le ragioni di una battaglia

Il referendum costituzionale è un prodotto dei nostri tempi: non si possono spazzare via con un colpo di spugna anni e anni di lotte sindacali e conquiste sociali, utilizzando i classici metodi della democrazia. Serve avere mano libera, più velocità e vivere in un constante stato di emergenza, saltando i classici iter del lavoro istituzionale. Bisogna prendere decisioni immediate e limitare al massimo gli ostacoli e le discussioni, concentrando il potere decisionale nelle mani di pochi e fedelissimi.
Con il pretesto di uscire dalla crisi il prima possibile, ci vuole un governo del fare che per una volta (buona) dia vita a una serie di riforme che davvero cambino gli assetti sociali. Ci vogliono meno chiacchiere e più distintivo: ecco perché l’emergenza diviene una costante dell’agire politico e non c’è tempo per interpellare la popolazione. Basta pensare ai grandi eventi come Expo, alla ricostruzione de L'Aquila, alla gestione delle discariche in Campania, dove tutto il potere decisionale è messo in mano a commissari nominati dal governo e qualsiasi spazio di dissenso viene criminalizzato.
Quello a cui stiamo assistendo è un processo che arriva al suo apice: dopo anni di provvedimenti governativi che hanno eroso diritti e possibilità di partecipazione, ora è arrivato il momento di riscrivere anche la Costituzione. Le leggi verranno scritte e approvate da una maggioranza compiacente nel nome del governo del fare, con la scusa di una riduzione di costi e tempi. A proporre questa riforma è un governo espressione di un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale: è ancora più chiaro allora come non sia più necessaria la legittimità politica per governare. Nella stessa direzione si muoverà l’Italicum, che con un premio di maggioranza spropositato conferirà la possibilità di legiferare in completa autonomia: la scheda di chi vota la maggioranza avrà più peso di chi sceglierà l’opposizione.
In questo scenario, lo spazio per il dissenso non deve esserci e coloro che davvero vivranno le conseguenze di questi cambiamenti non devono prendere parola. Basta difendere la scuola pubblica o il proprio posto di lavoro, opporsi a un'opera dannosa per la salute e l'ambiente per rendersi conto che le mediazioni sono saltate.
[leggi tutto...]
[scarica l'opuscolo in formato stampabile]

 

Servi di nessuNO! Cosa nasconde la riforma costituzionale e perché c'entra con noi.

Per i suoi fautori, la riforma costituzionale sarebbe la panacea di tanti di quei mali che notoriamente affligono il nostro paese. Taglia le spese della politica, semplifica la macchina burocratica, da' adeguata rappresentanza alle regioni, svecchia il paese... 

Era dai tempi del contratto a “tutele crescenti”, quello per cui se ti licenziano e un giudice dichiara illegittimo il licenziamento ti spetta al massimo qualche mensilità di risarcimento, che non sentivamo il Governo Renzi ribaltare a tal punto la realtà.
Certo, c'è qualche elemento di verità a cui la propaganda può appigliarsi: con la riforma verrebbe ridotto il numero di parlamentari, il Senato perderebbe molte funzioni e sarebbe composto da rappresentanti regionali, verrebbe abolito l'inutile CNEL. Ma è fumo negli occhi. Lo dimostrano le tante analisi tecniche che rilevano gli innumerevoli conflitti di attribuzione che potrebbero sorgere tra camera e senato e l'opacità dei meccanismi elettivi e delle funzioni del senato stesso. Tutti fattori che rischiano di rallentare, anziché velocizzare, il processo legislativo. Anche un bambino, poi, si rende conto che se si volessero abbassare i costi della politica basterebbe che si tagliassero gli stipendi e le indennità di parlamentari e ministri. Al massimo, secondo le stime dei contabili nazionali, questa riforma produrrebbe un risparmio di qualche centinaia di milioni di euro (meno di un millesimo del bilancio statale).

Dove incide davvero la riforma è nell'accentramento del potere nelle mani dell'esecutivo, che grazie alle modifiche introdotte avrà di fatto la possibilità (ad esempio grazie al c.d. voto “a data certa”) di dettare l'agenda a un parlamento ormai privo di una delle due camere e paralizzato dai dieci nuovi tipi di iter legislativi che prevederebbe la nuova costituzione (mentre in quella attualmente vigente ce n'è solo uno... altro che semplificazione!). Un accentramento che conferma una tendenza già in atto, la cui manifestazione lampante è l'uso indiscriminato dei decreti legge e delle leggi delega degli ultimi anni.
[leggi tutto...]

 

La riforma in pillole. Un primo commento.

Ripubblichiamo da Je so' Pazzo.
Nel tentativo di chiarirci le idee sugli aspetti tecnici della legge di riforma costituzionale, abbiamo costruito uno schema che vogliamo condividere con voi. Si tratta di un esame dei cambiamenti più rilevanti che la riforma apporterebbe alla Costituzione.
La spiegazione vuole essere distaccata e neutra, per quanto possibile, ma ogni tanto ci “è scappato” un commento più politico, lo troverete in corsivo.

IL PARLAMENTO

Funzioni delle camere

Nel disegno della riforma, il Parlamento continua a essere composto da due camere: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, ma ognuna di esse ha funzioni diverse. È specificato che solo i membri della Camera rappresentano la nazione e, di conseguenza, soltanto la Camera è titolare del rapporto fiduciario con il governo, solo la camera conserva il potere di indirizzo politico, e di controllo (che si esercita tramite la mozione di sfiducia). La Camera esercita la funzione legislativa.
Il Senato, invece, rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita le funzioni di raccordo fra lo Stato, gli altri Enti costitutivi della Repubblica (Regioni, Comuni, Città metropolitane) e l’Unione Europea; il Senato “concorre” all’esercizio della funzione legislativa, per alcune materie e con modalità specifiche, che vedremo in seguito.
[leggi tutto...]

 

La miglior difesa è l'attacco

Si parla molto dello scontro televisivo sul referendum costituzionale avvenuto Venerdì sera tra Renzi e Zagrebelsky e il giudizio è quasi unanime: l'abilità comunicativa del premier ha schiacciato l'anziano e dotto professore, perso a contestare i cavilli giuridici della riforma voluta dal PD. D'altronde l'ha detto lo stesso Zagrebelsky: Renzi è come un'anguilla, capace di sfuggire agli argomenti e alle obiezioni che gli vengon poste e di deviare la discussione con la sua demagogia. Abbiamo sentito infatti il leader del PD citare a sproposito i drammi di chi non ha lavoro, quelli dei malati oncologici, oltre all'immancabile ponte sullo Stretto e le lentezze della burocrazia italiana.
Non sappiamo se questo ha permesso a Renzi di "vincere il match", come piace dire ai giornalisti. Confidiamo nell'intelligenza di chi ascolta nel saper riconoscere le menzogne di chi da due anni va avanti con politiche di lacrime e sangue, gira a braccetto con manager e finanzieri e ora all'improvviso sembra scoprire i drammi delle classi popolari.
 
Però una cosa è vera: le ragioni del NO, le nostre ragioni, non sono riuscite a uscir fuori con la chiarezza che meritano, non sono state rappresentate come vorremmo. E non è una questione di comunicazione, ma di essere capaci quanto e più di Renzi di parlare agli interessi delle masse di sfruttati di questo paese, ancora liberi (chi sa per quanto!) di esprimersi attraverso il voto. Non manipolandole, come tenta il nostro premier, ma mostrandosi convinti difensori dei loro interessi. E per farlo non basta appellarsi a principi astratti, così lontani da chi non li ha mai visti applicati nella propria vita. L'autoritarismo a cui ci porterà questa riforma costituzionale, unita a questa legge elettorale, è la realizzazione di una tendenza in corso da tempo, fatta del dispotismo incontrollato dei padroni nelle aziende, della retorica dei presidi manager, di quella sui "fannulloni" e sul merito e di leggi approvate nonostante le piazze che gli si sono opposte. Questo andava denunciato, ribaltando le accuse: i problemi degli Italiani di cui Renzi si riempe la bocca non verranno risolti dalle sue "semplificazioni", ma alimentati! Rafforzare il potere, velocizzare le decisioni non serve a ostacolare ciò che sta impoverendo tantissimi di noi e arricchendo pochi di loro, ma a rimuovere con sempre più facilità gli ostacoli che ancora vi si oppongono!
[leggi tutto...]

 

Intervista ad un lavoratore del Coordinamento RSU CGIL per il NO al referendum costituzionale

La battaglia per il referendum costituzionale procrastinato il più possibile da Renzi, timoroso di poterlo perdere dopo averci investito praticamente tutto il suo capitale politico, sta entrando nel vivo. Assemblee, mozioni, scontri (più o meno simulati) sui media, chiacchiericcio televisivo, ormai hanno come argomento principe la riforma della Costituzione sostenuta dalla maggioranza parlamentare e dal governo, oltre che dalla Confindustria, dagli Stati Uniti – che si sono pronunciati per bocca dell’ambasciatore in Italia, con un’ingerenza negli affari interni italiani che ricorda quelle, ben più pesanti, dell'immediato dopoguerra – e dal più filo-padronale dei sindacati italiani, la CISL.

E la battaglia inizia a varcare anche le soglie dei posti di lavoro. A Napoli, nella fabbrica della FIAT – FCA, già simbolo del marchionnismo rampante, pochi giorni fa, il 25 settembre, è stato inaugurato il circolo di fabbrica del PD che sarà anche il primo comitato in Italia delle tute blu per il SI’ al referendum costituzionale. La scelta di Pomigliano d’Arco non è casuale: Renzi&Co. hanno ovviamente intenzione di cavalcare la forte carica simbolica di tale inaugurazione. Da mesi, infatti, il governo spaccia la riforma della Costituzione per atto dovuto ai fini di una modernizzazione del paese, per rendere tutto più rapido ed efficiente. Esattamente le stesse parole ripetute come un mantra da Marchionne quando nel 2010 a Pomigliano fu creata una new company e ai lavoratori fu sottoposto un referendum – che a molti sembrava assomigliare più ad un ricatto – per decidere se accettare un nuovo contratto, che prevedeva meno pause, meno tutele, meno diritti o, invece, perdere il posto di lavoro.
Modernizzazione vs. conservazione, velocità vs. pantano, nuovo vs. vecchio, sono le coppie dicotomiche utilizzate dalla propaganda governativa e padronale. Marchionne e Renzi vanno a braccetto. Combattere l'uno significa dover fare i conti anche con l'altro. Sono la stessa espressione del capitalismo nostrano, uno nei panni dell'uomo di stato, l'altro in quelli dell'imprenditore modello.
[leggi tutto...]

 

Referendum costituzionale. Domande frequenti

 Il 4 Dicembre prossimo si voterà per l’approvazione o il rigetto della riforma costituzionale del Governo Renzi: di seguito proviamo a spiegare PERCHE’ un lavoratore precario, disoccupato, oppure lavoratore a tempo indeterminato nel pubblico o nel privato deve andare a votare NO al referendum.

 
1. SEI GIÀ CONTRARIO ALLA RIFORMA E QUINDI PENSI DI FREGARTENE NON ANDANDO A VOTARE? SBAGLIATO!

Vincerà il SI o il NO indipendentemente da quanta gente andrà a votare. Per questo non è possibile farlo fallire semplicemente non recandosi alle urne, ma bisogna andare e votare NO.


2. SEI DISOCCUPATO E OGNI MESE SFASCI LA TV SUBITO DOPO L’ANNUNCIO DEL GOVERNO SULL’AUMENTO DEI POSTI DI LAVORO?

Il Jobs Act è stato approvato a colpi di fiducia in Parlamento, come sempre più spesso accade, tant’è che molti denunciano l’abuso del ricorso alla fiducia e ai decreti legge. Se passa la riforma di tutto questo non ci sarà più bisogno: con una sola Camera eletta, magari con l’Italicum, il Governo che ne sarà espressione non avrà praticamente ostacoli per tutti i cinque anni.
[leggi tutto...]

 

 

 

 

 

 

Rete Camere Popolari del Lavoro