[Roma] Disagi quotidiani all'Università

Pubblichiamo questo post che il  ha scritto durante la mobilitazione per la riapertura delle mense degli ultimi mesi. Una mobilitazione che si è conclusa positivamente nelle ultime settimane e di cui parliamo in quest'altro articolo.

Chi come noi ha studiato alla Sapienza negli ultimi anni, ha avuto piena esperienza degli effetti dei tagli: il personale docente è sempre più ridotto, le poche aule studio e le biblioteche chiudono prima, mancano materiali e si fa poca manutenzione nei laboratori, nelle aule i microfoni non vengono riparati. Nonostante questi ed altri disagi quotidiani le tasse universitarie sono aumentate, mentre sono diminuite le borse di studio e gli altri servizi che servono a garantire il diritto allo studio; quest’anno per effetto del nuovo sistema di calcolo Isee le tasse aumenteranno ancora per molti.

Analizzando le statistiche degli ultimi anni, si ha un’immagine chiara di come l’Università pubblica sia in fase di demolizione. Dal 2008 al 2014 La Sapienza ha visto un taglio del 25,2% dei finanziamenti pubblici, mentre in tutta la penisola i tagli complessivi sono stati del 14%.

Gli studenti sono nel frattempo diminuiti (dai 130.000 del 2008 ai 105.000 del 2014, ultimi dati disponibili del ministero), anche per i costi crescenti che bisogna affrontare per accedere e studiare nelle principali Università italiane. La media della tassazione è passata da 737€ a 1110€, e i finanziamenti per il diritto allo studio sono inadeguati per garantire a tutti gli aventi diritto borse di studio e alloggi: della totalità di studenti del Lazio, risulta idoneo a ricevere una borsa di studio solo il 7,5%, e di questi solo il 77% riesce effettivamente a riceverla, resta un 33% di idonei non vincitori.

Questo il quadro a livello nazionale a confronto con altri paesi europei:

Per garantire a tutti l’accesso all’Università lo Stato spende davvero poco, basti pensare che nel Lazio il 55% del finanziamenti per il diritto allo studio (borse di studio, alloggi, mense) è pagato dagli stessi studenti tramite la tassa regionale che costa per tutti, dalle fasce più basse a quelle più alte, la stessa cifra: gli studenti più poveri pagano le borse di quelli ancora più poveri.

All'aumento progressivo delle tasse deciso dagli atenei, si è accompagnata quest’anno l'introduzione del nuovo sistema di calcolo Isee che ha fatto salire di fascia di contribuzione molti studenti. Il nuovo Isee ha inserito nel calcolo del reddito familiare anche assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno di maternità, e le borse di studio precedentemente erogate. Tutte cose che dovrebbero attestare l'insufficienza delle risorse economiche per affrontare gli studi, e che invece sono conteggiate per aumentare le tasse. Si è giunti all'amaro paradosso che agli studenti che non avevano ancora ricevuto la borsa di studio dell'anno precedente (anche questi ritardi sono una mutilazione del diritto allo studio), gli venisse però conteggiata ai fini del nuovo calcolo Isee, perdendo così il diritto alla borsa per l'anno appena iniziato. In tutta Italia gli studenti si stanno già mobilitando, e in Toscana e Puglia sono riusciti a far alzare all'Università l'asticella delle fasce Isee per annullare l'impatto del nuovo sistema di calcolo sull'aumento delle tasse.

Cosa ci dicono tutti questi dati? Che è in atto un progetto per trasformare l’università in un luogo d’élite, per i più ricchi, come era fino a 50 anni fa. Sia aumentando i costi sia peggiorando il servizio del pubblico a favore delle Università private e di pochi poli di eccellenza. Non è questo che consiglia la stessa OCSE quando loda il Governo Renzi per la peggiore riforma del lavoro degli ultimi 30 anni? Chiedendo però che si intervenga al più presto sull’istruzione: “[bisogna] espandere ulteriormente l'istruzione professionale dopo la scuola secondaria, aumentare le tasse universitarie e creare un sistema di prestiti agli studenti il cui rimborso sia basato sul reddito.”

Non è quello che ci ripetono da 20 anni nei talk show e sui giornali? Che i giovani devono smettere di perdere tempo all’università e cercarsi un lavoro da subito? Si chiede di diminuire i laureati perché l’economia che hanno in mente per l’Italia è quella fondata su lavoratori con una rapida istruzione professionale, ricattabili, con pochi diritti e che si accontentano di bassi salari e di vivere nella precarietà.

E chi va all’università non deve porsi troppe domande sulla società che ha intorno, sempre più ingiusta, ma sbrigarsi a finire gli studi per entrare nella guerra per il posto di lavoro. Questa è l’Università piegata alle leggi del mercato che hanno in mente loro, ma è chiaro che questo non è un processo irreversibile : con la lotta e l’organizzazione, già in passato l’estensione dell’istruzione, anche quella universitaria, è stata conquistata.

Queste non sono solo fantasie senza concretezza, alcune lotte importanti si possono iniziare da subito. Ci parlano della riduzione dei servizi per gli studenti, dell’aumento delle tasse e del peggioramento delle condizioni di chi lavora all’Università, ed è già immerso nella precarietà e nello sfruttamento che attende tanti di noi.

Quest’anno le mense di Ingegneria e di Economia sono rimaste chiuse, lasciando senza un pasto economico più di un migliaio di studenti al giorno, ci è stata promessa la riapertura dopo il 5 novembre e dobbiamo essere pronti a mobilitarci assieme ai lavoratori delle mense per assicurarci che ciò avvenga effettivamente. Purtroppo le mense universitarie stanno chiudendo in tutta Italia e questo ritardo nella riapertura può essere un’avvisaglia di quello che ci attende se non ci muoviamo.

Il servizio mensa non viene erogato direttamente dall'Università o dall'Ente Regionale per il diritto allo studio (ADISU), ma da cooperative private che ricevono in appalto il servizio. I ritardi sono proprio connessi al coinvolgimento di Vivenda, l'azienda vincitrice del bando d'appalto del maggio scorso, nelle inchieste di “Mafia Capitale”. L'inderdittiva prefettizia su La Cascina, proprietaria di Vivenda, infatti ha fatto sì che vi fosse un ritardo, protrattosi fino a Settembre, nell'assegnazione ufficiale e definitiva dell'appalto. Intanto le mense sono rimaste chiuse lasciando i lavoratori a casa senza stipendio e senza pasto i circa 1800 studenti che giornalmente mangiavano nelle mense di Economia e di Ingegneria. Di fronte a questi ritardi ci siamo chiesti perché l'ADISU non gestisce direttamente le mense assumendo i lavoratori? Non è la stessa ADISU che si lamenta della cooperativa perché non ha effettuato la manutenzione delle cucine, perché ha falsificato i numeri dei pasti effettivamente distribuiti, perché ha lasciato a casa i lavoratori senza ricollocarli altrove in attesa della riapertura?

Anche il servizio di pulizia è esternalizzato, l'appalto scade a settembre dell'anno prossimo ed i lavoratori si stanno iniziando a mobilitare per evitare che il cambio appalto diventi un'occasione per licenziare e peggiorare le condizioni di lavoro. Glielo fa pensare il fatto che in questi anni hanno dovuto combattere contro le cooperative Euro&Promos e Coopservice per non essere costretti a lavorare su turni spezzati (due ore la mattina e due ore la sera), per avere gli indumenti e gli strumenti di lavoro adeguati, per il pagamento degli straordinari. In più i loro carichi di lavoro sono aumentati perché le cooperative non hanno effettuato nuove assunzioni mentre i loro colleghi venivano trasferiti in altri appalti o andavano in pensione. Vediamo così a cosa serve appaltare i servizi che l'Università potrebbe svolgere direttamente: regalare soldi ad aziende esterne che non aggiungono nessun miglioramento al servizio, anzi lo peggiorano risparmiando sui materiali e i lavoratori da assumere. La battaglia per l'internalizzazione, cioè l'assunzione diretta, dei lavoratori è un obiettivo sia di questi ultimi – per avere pagamenti puntuali, meno lavoro, indumenti e strumenti adeguati – sia di noi studenti. Questo per due ragioni: un migliore servizio e un risparmio di soldi da parte dell'Università. Questi soldi devono essere impiegati per cose come: ampliare i servizi, migliorare i laboratori, tenere aperte di più le biblioteche, diminuire le tasse.

Ma non è una battaglia che interessa solo i lavoratori e gli studenti della Sapienza. Le privatizzazioni e la distruzione dell'università di massa, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la corruzione connessa al sistema degli appalti pubblici ai privati, sono questioni che riguardano tutta la società. A volte ci sembra che nulla possiamo contro queste scelte presentate come ineluttabili, ma non è vero.

Vogliamo essere ascoltati e vogliamo dire la nostra, vogliamo discutere, decidere e fare: quello che non ci daranno ce lo prenderemo.

Per questo lanciamo un'assemblea pubblica davanti alla mensa di via de Lollis per giovedì 5 novembre a partire dalle 12.00.

Per chiedere all'ADISU (i cui uffici si trovano a pochi metri) conto dell'apertura della mensa nel giorno in cui scade il termine per la firma del contratto con la Vivenda, ultimo passo prima della riapertura, e nel giorno dell'inizio del processo di Mafia Capitale: simbolo del mondo di corruzione e sfruttamento creato dal sistema degli appalti, dalle privatizzazioni, dalla speculazione, e del coinvolgimento dei fascisti in tutto questo.

All'assemblea interverranno gli studenti della Sapienza e i lavoratori delle mense e delle pulizie (ma sono invitati a partecipare anche altri eventuali lavoratori dell'Università), non solo spiegheremo la situazione in cui ci troviamo e faremo sentire all'ADISU che vigiliamo per la riapertura delle mense, ma decideremo come agire insieme per condurre questa battaglia.

Rete Camere Popolari del Lavoro