Paraculismo alla scandinava: IKEA risponde alle contestazioni

Ieri mattina IKEA ha pubblicato una nota in merito alle proteste dei facchini, brutalmente caricati il 2 novembre dalla polizia. In sostanza si tratta di un comunicato in cui IKEA si affanna a scaricare ogni responsabilità per l'accaduto e prova a ricostruirsi una verginità, dopo che la comunicazione dal basso (passaparola fra lavoratori e cittadini, siti, social network) ci ha mostrato qual è il vero volto di un’azienda capitalista.

Il comunicato IKEA, sin dal sottotitolo, evidenzia che "i lavoratori che stanno dimostrando [non protestando o lottando, si badi bene] al polo logistico di Piacenza sono associati alle cooperative che fanno capo al consorzio CGS". Come dire: noi di IKEA non c'entriamo! Anzi, noi "retribuiamo le prestazioni delle cooperative secondo il tariffario stabilito dalla Direzione Territoriale del Lavoro". Peraltro, aggiunge IKEA, "l'attività di facchinaggio ha subito negli ultimi due mesi una decisa riduzione", per la contrazione dei consumi e quindi delle vendite. Insomma: non è colpa nostra, e in fondo nemmeno del Consorzio CGS, è il mercato!

Ma a ben vedere per IKEA non è solo colpa del mercato… Ecco che arriva subito la prima bordata contro il SI COBAS, che secondo IKEA rappresenta solo “alcuni soci” [cioè non si tratta di lavoratori subordinati, ma di persone che hanno scelto liberamente di fare i facchini], e dunque è espressione di una minoranza. Strano però che questa minoranza fuori ai cancelli era maggioranza!

Infine, ecco il paraculismo in salsa scandinava: noi di IKEA non possiamo dire al Consorzio CGS come trattare la sua forza lavoro, però certo ci dispiace se i diritti umani vengono violati, siamo pur sempre quelli del capitalismo dal volto umano! E per questo chiediamo la rigida osservanza dei contratti nazionali... Nemmeno due righe, però, e IKEA ci ripensa: il Consorzio CGS si è sempre comportato correttamente, le forze dell'ordine hanno fatto bene ad intervenire, i lavoratori sono dei violenti che hanno aggredito anche i loro colleghi. E allora vien da chiedersi: ma quale droga allucinogena gira ai piani alti dell'azienda?

Ce lo chiarisce la chiusura del comunicato, è droga pesante: IKEA si augura che la vertenza si risolva (ma come? Non si era detto che non c'era alcun motivo per protestare, e che tutto dipende da una minoranza di soci facinorosi?), e dopo aver ammiccato alle forze dell'ordine ammicca anche alle amministrazioni locali, come la Provincia e il Comune di Piacenza, che di sicuro sapranno mettere ordine. A quanto pare anche ai padroni scandinavi non dispiace oliare certi meccanismi...

Ora, non ci interessa smentire punto per punto le menzogne di IKEA: chiunque abbia occhi per vedere sa che i lavoratori sono mobilitati da settimane per chiedere condizioni di lavoro più decenti, e che stanno lottando da soli contro un blocco di potere che va dalla grande multinazionale all’ultimo sbirro, passando per il padroncino della cooperativa in appalto. Qui ci interessa solo evidenziare i seguenti punti:

1. una lotta, per quanto autorganizzata, se è decisa e non si arrende alle prime difficoltà, riesce a incidere anche quando ha di fronte una grossa multinazionale;

2. anche 80 operai, se godono di un consenso attivo di massa, se la loro lotta viene ripresa e sentita, possono assurgere a questione nazionale. La solidarietà militante unita alle pressioni che ognuno di noi ha fatto, anche solo commentando negativamente l’operato di IKEA sul loro facebook, hanno costretto la multinazionale a correre ai ripari. Si tratta infatti di una multinazionale che basa molto del suo marketing su un’immagine familiare, di pulizia e di sensibilità verso le persone e il pianeta. Attaccare quest’immagine, mostrare la reale essenza di IKEA, che non ha scrupoli nell’isolare i lavoratori, nel sottrargli le ragioni, e nell’invocare contro di loro la violenza della polizia, è necessario!

3. Ma il capitalismo contemporaneo non si basa solo sulla costruzione di un immaginario “figo” che accresca i profitti, si basa anche e soprattutto sul taglio dei costi, e in particolare di quelli della forza-lavoro. Per questo le grandi multinazionali appaltano alcuni funzioni niente affatto accessorie, come la logistica, a cooperative e piccole ditte che possono fare il “lavoro sporco” mentre loro mantengono le “mani pulite” - un po’ come succede con la Apple che appalta a ditte cinesi e thailandesi lo sfruttamento della forza lavoro… In questo modo si vengono a creare, nel cuore del nostro Occidente, delle “zone speciali”, delle vere e proprie colonie dove le imprese possono fare il bello e cattivo tempo e non vigono nemmeno le norme più basilari! E proprio come nelle colonie a farne le spese sono i più deboli, come i lavoratori immigrati!

Ma proprio perché le proteste e le pressioni hanno funzionato, IKEA ha dovuto scrivere una pagina di comunicato: ha avuto un po’ paura. Ma se loro provano a sottrarsi alle responsabilità, noi a queste responsabilità li dobbiamo inchiodare! Per questo invitiamo tutti a continuare la campagna di bombardamento mediatico contro IKEA, invitiamo a dare spazio e sostegno alla lotta dei lavoratori, e a partecipare alla manifestazione del 7 a Piacenza.

Invitiamo insomma tutti a parlare, perché IKEA su questa storia vorrebbe fare scendere il silenzio!

Qui il comunicato apparso sul sito della multinazionale scandinava

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Vi invitiamo a continuare a dire ciò che pensate di IKEA anche scrivendo e commentando
- sulla loro pagina facebook
- sul "manifesto del cambiamento"di IKEA

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