“Occupazione perduta”: il 35,5% dei giovani è disoccupato, ma sotto attacco è tutto il mondo del lavoro

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Continua ad allungarsi, senza alcun segnale di contro tendenza, la serie dei record negativi della disoccupazione in Italia, con particolare riguardo per giovani e donne. Secondo l'ISTAT a Luglio 2012 il tasso di disoccupazione è al 10,7%, la stessa percentuale registrata a Giugno ma con un +2,5% rispetto al dato di un anno fa. Per i 15-24enni siamo ormai al 35,3%, +1,3% rispetto a Giugno e +7,4% rispetto a Luglio 2011, con un ritmo di crescita triplo rispetto a quello della disoccupazione complessiva. Per le giovani residenti al Sud si sfonda il tetto del 48%.

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Ma c'è anche da dire che circa la metà dei disoccupati in aumento è rappresentato da persone con almeno 35 anni, il che sgombra il campo da qualsiasi ipotesi di scontro generazionale in atto, a cui non a caso ammiccano persino ambienti di governo per confondere le acque sulle responsabilità di questa situazione economica. A pagare il prezzo di questa crisi è infatti un soggetto trasversale alle fasce d'età e se il dato dei giovani appare più dirompente è solo perché si tratta per lo più di inoccupati, cioè persone che non hanno mai lavorato (tra cui tantissimi NEET, cioè senza lavoro, formazione e istruzione), o comunque persone che hanno sperimentato una parvenza di occupazione ben dopo l'introduzione della precarietà operata in Italia dal Pacchetto Treu e dalla Legge 30. Insomma in una contrazione generale del numero dei posti di lavoro a disposizione è del tutto “normale” che chi sta già fuori o con solo un piede dentro trovi ancora più difficoltà ad inserirsi.

Per comprendere il disastro occupazionale in Italia nella sua complessità non si possono però non tenere in conto le innumerevoli crisi industriali che hanno fatto schizzare licenziamenti e ore di cassa integrazione che vanno ben oltre il settore automobilistico monopolizzato da Fiat, come stanno lì a ricordarci le vicende di questi giorni dell'Alcoa e della Sulcis. E a completare il quadro ci sono gli esuberi in arrivo nel pubblico impiego, frutto della nuova manovra estiva camuffata da spending review, e il dramma degli “esodati”. Grazie all'ultima mannaia sulle pensioni voluta dall'attuale governo, infatti, si lasciano senza alcuna forma di reddito decine di migliaia di persone che hanno perso il lavoro (magari accettando degli accordi in uscita con le aziende per limitare i danni) e che adesso sono “troppo giovani” per ricevere l'assegno pensionistico perché l'età minima è stata innalzata a partita in corso. Mentre con l'altra mano si è già provveduto a tagliare gli ammortizzatori sociali per chi il lavoro lo sta perdendo adesso e, cosa ancora più importante per renderci appetibili ai “mercati”, si sono indebolite le tutele per chi ha un contratto a tempo indeterminato con la controriforma dell'articolo 18.

Tornando alle statistiche è bene poi ricordare che le percentuali ufficiali sulla disoccupazione si riferiscono sempre alla sola popolazione attiva. Non concorrono quindi a far esplodere il dato gli inattivi, che sono il 36% della forza lavoro totale, di cui quasi la metà sono "scoraggiati", cioè persone che il lavoro non lo cercano più perchè hanno perso anche solo la speranza di trovarne uno. In questo modo il tasso di occupazione generale della popolazione scende al 57,1%, mentre in Campania, regione fanalino di coda in Italia, ci si attesta ad un misero 39,7%.

Come se non bastasse, c'è da considerare che tra questi occupati vengono considerati anche i precari (lavoratori con contratti a termine e collaboratori di vario tipo che questo mese hanno raggiunto quota 3 milioni, record assoluto dal 1993, cioè da quando esistono le serie storiche) e i part-time “non volontari”, cioè quelli che pur di portare a casa qualcosa hanno accettato un lavoro ad orario ridotto.

E' per tutta questa serie di motivi che parole colme di ipocrisia come quelle sulla “generazione perduta” pronunciate quest'estate dal premier Monti, il garante degli interessi delle banche e della finanza globale prestato “tecnicamente” alla politica italiana, risuonano come delle inaccettabili provocazioni visto che a stare scomparendo è in realtà la possibilità di trovare un lavoro dignitoso e una fonte di reddito per giovani, grandi ed anziani.

Rete Camere Popolari del Lavoro