Violenza sessuale nell'alternanza scuola-lavoro: una scandalosa normalità.

 

Di nulla sia detto: è naturale
in questo tempo di anarchia e di sangue,
di ordinato disordine, di meditato arbitrio,
di umanità disumanata,
cosi che nulla valga
come cosa immutabile.
(B. Brecht)

La notizia è di qualche giorno fa: quattro stagiste minorenni, studentesse di un istituto professionale per estetiste, sono state violentate dal titolare dei centri estetici dove svolgevano il loro periodo di alternanza scuola-lavoro. Immediata, e scontata, è partita la gara a chi gridava per primo allo scandalo: Valentina Aprea, ex sottosegretario all’Istruzione con Berlusconi e ora assessore in Lombardia, pare abbia vinto l’oro; distaccata di pochi decimi di secondo la ministra Fedeli, che parla di “inammissibilità” di una simile violenza contro studentesse e studenti “mentre stanno svolgendo un pezzo della loro formazione”.
Abbiamo fatto ricorso a Brecht in apertura perché, così come non vogliamo considerare “naturale” nulla, di questi tempi, allo stesso modo non ci accontentiamo di uno scandalo che, puntando il dito sull’orco di turno, nascondesse le responsabilità del padrone del circo.
Saremmo banali se ci limitassimo ad augurarci le pene più severe per l’autore di questo atroce crimine; la verità è che il crimine è stato commesso perché gli è stato creato intorno un contesto intenzionalmente favorevole.
Abbiamo pesato le parole e le troviamo fin troppo leggere: le responsabilità politiche della violenza commessa sono di chi ha introdotto ed esteso, nella scuola, quel piano di sfruttamento generalizzato chiamato alternanza; all’interno di un contesto del genere, la violenza sessuale che la Fedeli troppo tardi definisce “inammissibile” diventa facilmente possibile, finanche probabile, e forse, speriamo di no, talvolta impunita.
L’alternanza scuola-lavoro sta funzionando benissimo: nell’a.s. 2015/2016 sono stati oltre 652.000 gli studenti coinvolti, con la partecipazione attiva di più del 90% delle scuole italiane: più di mezzo milione di persone, molte delle quali minorenni, ha dunque lavorato senza essere pagato, spesso senza copertura assicurativa perché le indicazioni erano confuse, con turni di lavoro superiori alle 8 ore giornaliere, di fatto sostituendo lavoratori non assunti, senza alcun diritto, senza possibilità di protestare, pena il mancato superamento dell’alternanza e quindi la mancata promozione (sì, l’alternanza è un requisito indispensabile per l’ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato). È di un paio di settimane fa la notizia degli studenti che in Sardegna sostituivano i camerieri, ed è solo una goccia nel mare di esperienze senza alcun senso formativo, ma con una estrema utilità per le imprese ospitanti: abbiamo raccolto notizie di studenti impiegati per dodici ore al giorno in fabbriche di materassi, oppure a imbustare cioccolatini, o ancora a lavorare di domenica per ordinare l’archivio storico di un grande istituto bancario italiano. È arrivata poi la notizia della violenza sessuale, alla quale nemmeno chi, come noi, denuncia da tempo questo abuso legalizzato era preparato, eppure nemmeno questa volta un ministro, un sottosegretario, un usciere hanno avuto la decenza di dimettersi. Poche righe sulle pagine locali di un quotidiano, e la notizia sembra essersi persa nel caldo di luglio. Eppure parliamo di qualcosa che potrebbe accadere, in qualunque momento, a noi stessi, o ad una qualunque delle persone che conosciamo: un’amica, parente, un compagno di scuola, un nipote, una figlia; basta l’idea per risvegliarci dal torpore, o continueremo a pensare che “è naturale”?
Noi continuiamo ad affermare con forza che l’esperienza lavorativa coatta e gratuita non ha alcun valore formativo, quantomeno non in senso positivo; educa, in modo repressivo, alla subordinazione, al silenzio, all’obbedienza cieca, alla rinuncia ai propri diritti, e da questo punto di vista è di estrema importanza “formativa” per i padroni. La violenza sessuale, pure, è tristemente comune negli ambienti di lavoro, nelle sue più diverse sfumature, dalla molestia verbale all’aggressione fisica occasionale o spesso ripetuta: le studentesse e gli studenti devono “formarsi” anche a questo?
Lo diciamo francamente ed anche con una certa calma: ci piace sempre discutere ed argomentare le nostre posizioni con chi la pensa diversamente da noi, ma oggi, dopo un episodio come quello accaduto a Monza, a chi ci venisse a raccontare ancora una volta la storiella del lavoro “formativo” vorremmo solo sputare in faccia.
Se pensano, così facendo, di tirare su una generazione di schiavi docili e umili, si stanno sbagliando di grosso; le prime segnalazioni che stanno guadagnando le pagine dei giornali sono solo l’anteprima di quello che succederà nei prossimi mesi: abbiamo l’intenzione di presidiare ogni scuola, di indagare su ogni azienda, ogni posto di lavoro, di far uscire allo scoperto tutte le schifezze compiute in nome della “formazione”, e non perché crediamo in un modo “giusto” di fare alternanza, ma perché vogliamo che questo infame progetto, con tutta la riforma che c’è dietro, crolli il prima possibile sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Stiamo già spolverando le giacche per un autunno molto più vicino di quanto si pensi!

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